>Articoli
L'anima nel software
di Zoon

Chi è o è stato programmatore di elaboratori elettronici conosce la bizzarra sensazione che prende nel momento in cui si entra nei meandri di un ragionamento logico da codificare, poi, in istruzioni intelligibili al computer; scrivere un programma presuppone doti di analisi e una certa conoscenza degli algoritmi sottili degli eventi, e così agendo non è difficile imbattersi in sensazioni strane, come se alcuni blocchi di codice si comportassero seguendo un proprio carattere, una propria inclinazione. Ciò non è sufficiente per catalogare la tipica stupidità delle applicazioni computeristiche come una bassa intelligenza, ma certo fa impressione accorgersi che qualcosa di inanimato, di informe e d'impalpabile risulta orientato secondo un'inclinazione caratteriale che ricorda lontanamente qualcosa di umano.

Questo breve preambolo è per estrapolare e introdurre – brevemente, e senza dare alle conclusioni sottostanti nessuna valenza filosofica – l'idea che le peculiarità relative al carattere di un individuo siano sofisticati algoritmi, ripetibili se soltanto si possedesse la padronanza del codice da programmare, esattamente come se si costruisse un'applicazione da far girare su dell'hardware. Non vi sfuggirà, a questo punto, la mia proporzione implicita in cui il corpo umano sta all'hardware come l'anima (o l'intelligenza, o l'istinto, o quello che volete voi) sta al software; certo, parliamo di gradi diversi di complessità, ma il principio guida può essere lo stesso. Quando vi sarà capitata l'occasione non vi sarà sfuggita l'osservazione - su cui non magari in quel momento non avrete ragionato più di tanto - che una moltitudine omogenea di persone ha in comune alcuni algoritmi di comportamento e anche di ragionamento: i gruppi caratteriali umani s’identificano per gli svariati elementi in comune che sfumano, poi, nell'individualità; ma se ci pensa bene questa caratteristica apparentemente individualista non è altro che la conferma dell'esistenza di macro comportamentali a cui tutti noi siamo soggetti. Abbiamo, in altre parole, inserite nella nostra ROM o firmware cerebrale una serie di macro operazioni comuni che degradano, impercettibilmente, verso una certa personalizzazione che alla fine ci rende unici, ma solo perché ci accorgiamo di appartenere anche ad altri gruppi caratteriali. In altre parole, la personalità che possediamo può essere univoca, ma soltanto perché siamo il risultato, siamo il sincretismo di più gruppi comportamentali.

La domanda seguente, su cui mi fermo, è questa: se le cose stanno davvero così, chi – o cosa – ha scritto queste macro cui noi tutti obbediamo? Perché lo ha fatto e soprattutto, a cosa sta lavorando ora? Potremmo noi potenziali esseri postumani assurgere al ruolo di demiurghi? Potremo mai noi essere dei programmatori di materiale biologico?