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Ombre archeologiche
di Zoon

Cosa contraddistingue un lettore o meglio, un fruitore dell’arte Horror e del Fantastico oscuro, da uno che predilige i contenuti della Fantascienza pura? Quale particolare riesce a fare la differenza, a rendervi più simpatico o vicino ai vostri gusti uno piuttosto che l'altro, e perché?
Forse vi starete chiedendo il motivo per cui io stia evocando differenze stilistiche, in questo modo, all'inizio di un articolo che non sapete neppure dove andrà esattamente a parare e perché, invece, io non abbia iniziato subito con l'argomento core indicato dal titolo, ovvero le ombre archeologiche; sappiate che lo faccio soltanto per introdurre degnamente i dubbi che ho riguardo alla suddivisione dei suddetti generi culturali, soltanto per argomentare che quello che sembra dominio di un modello emozionale piuttosto che di un altro, in realtà è un compenetrarsi continuo di stilemi e riverberi percettivi, di logiche non aliene tra loro, che danno vita alla finzione suprema: la realtà. In particolare, e nello specifico di quest’articolo, mi preme sottolineare che se è vero che si può percepire il passato, magari transitando in alcune zone in cui la Storia ha sortito effetti, ciò non significa che si stia parlando soltanto di un argomento occulto, energetico, esoterico, fantastico o quello che volete voi, bensì anche di speculazioni matematiche, di esistenza di continuum temporali diversi; in pratica, il passato vive accanto a noi su un binario che normalmente non vediamo, si nutre dell'illusione massima del tempo proprio come noi, che sperimentiamo lo stesso inganno durante l'intero arco della nostra esistenza; ciò fa sì che i livelli energetici in cui siamo immersi subiscano interazioni, rimaneggiamenti, diano visioni o brividi, generino suoni che solo noi riusciamo a sentire in determinati stati d'animo in cui la sensibilità è affilata come un rasoio. Sono sicuro che le stesse sensazioni vi perseguiterebbero se foste persi nello spazio siderale, preda della matematica della vostra nave spaziale, allorché vi accorgeste di percepire sinistri scricchiolii e oscure presenze imputabili a riti macabri eseguiti poco prima nella stiva, oppure per la semplice esaltazione fortuita della vostra sensibilità extracorporea: in sostanza, parliamo in ogni caso di un argomento non mainstream , che si estende oltre la capacità prettamente fisica dell'uomo, spesso e volentieri bistrattata e derisa dal genere umano illuminista; parlo d’oscura fantascienza in quest'articolo, e racconto di una bizzarria emozionale fisicamente quantistica.

Siete mai stati in un luogo in cui la luce del sole, inspiegabilmente, appare diversa, costituita da un colore o da un'intensità energetica differente dall'usuale? Un luogo in cui le fronde degli alberi si muovono asincrone non solo tra loro, ma anche nell'ambito della stessa pianta? Avete mai avuto i brividi guardando un sito, un punto dettagliato, un angolo qualsiasi di un orizzonte improvvisamente troppo e inaspettatamente vicino a voi? Cosa succede quando fissate un punto a 300 metri da voi, dove un fasciame di verde sembra ristagnare placido e insulso, dove poi improvvisamente udite interiormente un suono basso, inerziale, alzarsi lentamente fino a giungere all'altezza delle vostre orecchie, dopo che l'avete visto (sì, visto) come una massa grigia in sollevamento?
Tutte queste cose mi sono accadute continuamente in un periodo della mia vita nemmeno troppo lontano, circa un lustro fa; cominciò tutto nella zona dove abito tuttora, a Roma, una città che da allora guardo con occhi diversi, con la nitida certezza di un luogo che da almeno tremila anni ribolle di vita ed energia psichica come quasi nessun’altra località al mondo può vantare. A Roma la gente è vissuta stratificando le generazioni, oserei dire che molte di quelle energie espresse attraverso i millenni sono sopravvissute e intessono il continuum in cui si vive nell’illusione rappresentata dagli anni attuali, un’illusione memore degli eccidi di animali, di esseri umani, in cui le perversioni dei giochi di potere che hanno imbevuto le mura, il terreno, i toponimi, ancora non si sono spente e che magari in periferia, laddove il prato è rimasto dalla fine dell'epoca imperiale fino a 30-40 anni fa, restano latenti, inalterate , pronte a risaltare all'attenzione di chi è particolarmente sensibile a questo spettro di emozioni. Come tutto cominciò a invasarmi è forse importante dichiararlo, almeno quanto le sensazioni che vi sto raccontando, in quanto 6 anni fa leggevo libri di archeologia inerenti proprio la zona dove ancora abito, dove le praterie avevano successivamente invaso il tessuto di fattorie e aziende agricole strutturate ai fini del sostentamento della vasta Roma imperiale: lì dove sono ora era una cinta urbana che risuonava di fatica bestiale, di caldo, di schiavi, di morti orribili, di esoterismo latente provocato da un centro di potere magico esistente poco lontano da lì, scoperto successivamente e di cui riesco ancora – in determinati momenti – a percepirne l'enorme influsso.
Tutto questo era il patrimonio emozionale che irruppe in me 6 anni fa, che mi faceva apprezzare la luce diurna della primavera come una tonalità piacevolissima e rilassante di verde tenero, una cromia che non riconoscevo in nessun'altra parte di Roma e che mi faceva sentire a casa e partecipe di una storia locale, parallela a quella ufficiale, a quella Storia che tratteggiava Roma come la caput mundi dell'epoca classica; accanto alla sensazione di rivivere la storia per me più importante, quella cioè di quel microcosmo agricolo, esisteva in me anche la sensazione di vedere, affacciandomi alla finestra, ombre di schiavi agricoli che si aggiravano per il luogo; grazie a quei testi di archeologia ero riuscito, infatti, a ricostruire abbastanza fedelmente la mappa delle fattorie lì esistenti, ed ero in grado di sapere con buona approssimazione cosa doveva esserci lì duemila anni prima, in quel luogo esatto. Ma non ero vittima di un autoconvincimento; era, invece, un definire maggiormente le mie già potenti percezioni interiori, tanto è vero che da quel momento in poi riuscivo anche a esportare le comprensioni storiche dal contesto prettamente casalingo verso nuovi luoghi: mi capitava – e mi capita – di sentire le vibrazioni di un territorio anche dove non sono mai stato prima, o addirittura di percepire ricordi dalla TV, come quella volta che guardavo un GP della Malesia di F.1 e dove, sulle cime di una balza, notavo degli alberi solitari muoversi con quel tipico (per me) ondeggiare che denotava una forza che li smuoveva in un punto solo, come se il vento si fosse concentrato su un ramo soltanto tra i tanti disponibili, come se qualcuno stesse scuotendo unicamente un punto della pianta. Avevo già imparato che quelle lì sono le movenze impartite dalle energie che animano quei luoghi, magari potenze date dai residui psichici di qualcosa che ancora vaga lì, in quelle coordinate spaziotemporali, in grado di far diventare nero un luogo fino a renderlo maledetto; come era per una piccola balza vicino casa mia, su cui si ergevano una manciata di alberi malati. Quegli alberi formavano un boschetto che ha pervaso a lungo i miei sogni e visioni a occhi aperti, rendendomi protagonista di una memorabile invasione psichica da parte di quelle forze oscure che lì abitavano, che mi ha reso palese l'esistenza di un numero elevato di piani spazio-temporali alieni durata fin quando non si è cominciato ad abbattere quei mostri vegetali e a costruire case di lusso dentro cui, ne sono più che convinto, non vorrei mai abitare, perché lì intorno è un fiorire di tombe e ville della bassa epoca imperiale, probabilmente del periodo degli Antonini o di Settimio Severo.
Non pretendo che mi crediate, né che crediate che io sia completamente sano di mente dal punto di vista prettamente umano e medico; solo, sappiate che quelle percezioni malefiche non sono un mio esclusivo patrimonio, perché ho osservato in altri il sorgere delle stesse mie impressioni deviate che, successivamente, hanno generato in loro degli incubi disturbanti avvenuti, stranamente, proprio dopo che li avevo portati in quel luogo funesto. In quei tormenti onirici i miei amici provavano qualcosa di truce e d’assolutamente malefico: degli esseri quasi umani e ghignanti scendevano da quegli alberi e li ghermivano, esattamente come mi sembrava di percepire ogni volta che io mi recavo , tra quelle fronde, in piena notte - percezioni che, ovviamente, mi ero ben guardato dal riferire ai miei ignari compagni d’avventure psichiche.

Ecco, in questo momento ho sicuramente espresso qualcosa di – per me – incontrovertibile eppure fantastico, d’occulto, d’appartenente al regno delle dottrine esoteriche e ai racconti di fantasmi; eppure ne ho dato anche una possibile chiave di lettura alternativa, quella che fa capo a un certo tipo di matematica e ad alcuni paradigmi relativistici, quantistici, quelli in cui si teorizzano di wormhole. Ho usato lo stesso tipo di cerebralità scientifica in cui la Fantascienza ama sguazzare e, in definitiva, ho dato corpo a una vera lettura alternativa del nostro mondo intessendo intrinsecamente il mondo della Fantascienza e dell'Horror psichico che, forse, è tutto un esistere mentale, un genere ritenuto di nicchia rispetto al mainstream umano infarcito da cultura umanista in cui nulla, nulla, può esistere se non l'evidenza e l'illuministica certezza dei propri limiti: peccato, però, che io abbia raccontato proprio di realtà vissute. Da me.

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