Poche parole gentili per Kurt Vonnegut, Jr.

di X, 15/04/2007

Kurt Vonnegut, nato l'11 novembre 1922, sopravvissuto all'orrore di Dresda la notte del 13 febbraio 1945, cantore della pace e di diritti civili che dovrebbero essere largamente acquisiti, critico dell'angoscia esistenziale contemporanea prodotta dagli idoli del mercato, dell'alienazione che vi si accompagna con conseguente snaturamento della civiltà, è scomparso lo scorso 10 aprile. Dopo averci lasciato in eredità collezioni di battute irriverenti, gallerie di personaggi paradossali (da Kilgore Trout a Billy Pilgrim), affreschi di desolante umanità, è partito per sempre alla volta di Tralfamadore. Senza dischi volanti, stavolta. A lui, che tanto ha influito sul mio immaginario di lettore e sulla mia formazione come uomo, voglio dedicare questi umili versi. Perché il ricordo non muoia, ma continui a illuminare la nostra memoria e il nostro cammino.

Ricordi Tralfamadore? Un tempo, d'estate,
solevi guardare le stelle e puntare nel buio,
indicando l'invisibile luogo da dove
provengono i dischi volanti. In pace, dicevi,
ma forse nei suoi balzi da cronobatrace
il povero Billy avrebbe da ridire.

Ti ricordi di lui? Billy Pilgrim: l'americano
tranquillo, ogni tanto, senza alcuna ragione
apparente, si metteva a piangere e poi partiva,
nemmeno lui sapeva per dove. Ad attenderlo
avrebbe trovato un altro se stesso, l'orrore degli uomini,
o la vertigine senza tempo di un ciondolo d'oro?

Eri a Dresda con lui sotto le bombe, prima
che il suo dono gli permettesse di saltare
altrove e salvare la pelle. Tu, a Dresda, avevi
solo i tuoi stracci e odoravi di paura e di umanità
nelle viscere sotterranee del Mattatoio n. 5.
Ma profumavi di dolore quando ne uscisti.

Forse non fu per te una rinascita,
ma il dolore e la sua sovrumana cognizione
ti avrebbero accompagnato per il resto
dei tuoi giorni. Avrebbero fatto di te,
alieno strappato al suo mondo,
un profeta tra i ciechi, un cantore tra i sordi.

Aveva una preghiera, il povero Pilgrim,
che serviva a tenerlo aggrappato
alla speranza. Non so se hai pregato
anche tu, immenso Mister *Vonnegut,
prima che la sorte ti irretisse col canto
soffuso delle perdute sirene di Titano.

Per noi questo è un giorno tristissimo.
Abbiamo finito le acrobazie stilistiche
di Kilgore Trout: adesso chi arriverà
a consolarci per il nostro destino?
Ci restano le tue invenzioni e i tuoi paradossi,
ma ci tocca convivere con la coscienza
di avere perduto tutte le sfumature future
del tuo triste sorriso sornione.

E mentre gli echi delle bombe arrivano
sempre più tenui, soffocati dall'estetica
anestetica di quest'era televisiva,
lasciaci sognare ancora una volta,
che magari in fallo ti abbia colto
un infundibolo cronosinclastico,
strappandoti al tempo lineare degli uomini,
regalandoti l'eternità dei miti
o anche solo a quella bella illusione
meditata - quasi un foma - messa a punto
dai tuoi amici di Tralfamadore.

Ci incontreremo lì, alla fine del viaggio,
magari sotto gli occhi curiosi dei visitatori
di uno zoo extraterrestre, a contare
le cicatrici sui muri della storia
e a ripeterci che in fondo ognuno fa quello
che può. Per il resto... così va la vita.
Per questo Dio ti benedica, Mister Vonnegut,
e a noi conceda la serenità di accettare sempre
le cose che non possiamo cambiare.

In memoriam
Kurt Vonnegut, Jr.
(1922-2007)

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