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Mistura esoterica

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Questo racconto è un omaggio a Danilo Arona e alle sue storie sul palo mayombe, che risulta in una fusione per niente scontata fra due immaginari. Sandro Battisti (nato a Roma nel 1965), uno dei primi connettivisti, curatore di Next e autore di racconti ambientati in un Impero dominatore del tempo e dello spazio apparsi nelle antologie connettiviste, sulle pagine di Futuro e trasposti in fumetti per la Cagliostro ePress, piega il tempo e congiunge nella sua personalissima firma i fili della storia, dell’esoterismo e dell’estrapolazione: gli incubi che emergono da un passato oscurantista si confondono così alle suggestioni di un futuro remoto, che ha ormai ceduto ampi margini di orizzonte alla conquista del postumano. In questi territori, l’evocazione vive nella poesia dell’oscuro.
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La mistura esoterica lo prendeva alla gola. Percepiva ogni gorgoglio emozionale come una continua occorrenza, un’ondata ininterrotta scossa da fibrillazioni di empatia. Cadeva e si rialzava nel moto alternato delle oscillazioni quantistiche, ed era lui stesso a influenzare il proprio stato attraverso la semplice osservazione.
Camminando tra file serrate di alberi, notava il loro addensarsi naturale non preordinato, non pensato razionalmente. Dentro di sé, recitava un mantra silenzioso, accozzaglie di vocalizzi simili a vocaboli appena sensati.
Sopra di lui, il cielo era uniforme, grigio.
– Il palero regge le redini del mondo. Il palero sorprende se stesso con la sua onda di empatia letale. Il palero è intriso della sua stessa religione: il Palo Mayombe.
Verso l’orizzonte, uno squarcio di splendido azzurro pomeridiano si chiudeva come un pozzo artesiano, un riparo carnale dopo l’estasi. Poi, la notte.

– Le mie mani sul ciglio di una strada che porta lontano dalla città. Ogni iato di questo percorso è un sommarsi di cavità. All’interno, sento l’energia. Radiazioni, immagini suscitate da regie invisibili, che mi guidano verso un abisso oscuro di potenza, di cui non ho dimestichezza.
Saltuariamente, una figura gli si parava davanti, come se un’ombra antropomorfa si frapponesse tra lui e il Sole. Le labbra rinsecchite gli impedivano di pronunciarne correttamente il nome. Sensazioni folgoranti di un cappellaccio nero, poi una testa, tutto nella penombra satura di luce solare. Il suono della solitudine si tramutava in disperazione e impossibilità di fuggire, un senso di trappola che diventava asfissiante.
Calore estivo. Desertico.
– Questi cori ancestrali sono solo un accompagnamento verso l’appuntamento, no?
Lui guardava il Sole con un moto di sorpresa ipnotica, poi si umettava freneticamente le labbra per scacciare il demone della disidratazione. Demoni. Ancora una volta quella sensazione, come quando era giovane e il suono della solitudine era infranto solo dalla ricchezza delle percezioni di un mondo esterno, assai diverso dalla solita esteriorità postumana.
Continuava a camminare. Gli alberi cresciuti selvaggiamente erano ormai lontani, alle sue spalle: una macchia nera in fondo alla notte, che lo rincorreva sempre più lentamente. Ora il terreno assumeva sembianze aride.
– Sono contento di queste vibrazioni. Felice. Con le mani aperte a raggiera davanti agli occhi schermo il pomeriggio e ottengo figure in controluce, come folletti demoniaci. Il senso del Male mi dà felicità?

– Il palero regge le redini del mondo. Il palero sorprende se stesso con la sua onda di empatia letale.
Sorpreso dalla nuova notte, non otteneva altro che silenzio siderale: sopra, sotto, dentro di sé. La solitudine era un fischio modulato, illusoriamente postumano. Eppure, anche adesso che era buio, e il fuoco che aveva inizializzato rischiarava digitalmente poche frazioni di deserto sassoso, sentiva di non essere completo. Un drumming insistente e lontano gli lastricava un percorso idealizzato che sentiva di dover inevitabilmente affrontare; non un invito ma molto di più: un obbligo. Era un contorto muoversi di passi che avrebbe dovuto fare e che rispettavano la metrica lessicale dei tamburi lontani. Tanti tamburi, equivalenti a tante parole espresse con quei suoni bassi, tutto a indicare un concetto, una frase complessa.
– Fulminato lungo la via dell’apprendimento, io sono quello che sa osservarti e… – Non gli riusciva di continuare il pensiero, di focalizzarlo completamente; il tambureggiare gli arrivava per intero ma le sue capacità cognitive non gli permettevano di afferrarne il completo significato. Quello che pensava fosse la parte finale e decisiva veniva portato lontano da un vento immateriale, che sembrava frapporsi alla lussuria psichica della comprensione. Per un attimo vide di fronte a sé, stavolta con chiarezza, un volto anonimo, distorto dal desiderio malato, mentre si ergeva e occupava la volta stellata. Il ghigno di quel male assoluto, superumano, gli strizzava i sensi fino a bagnare il terreno di emozioni distorte – sentiva il cuore battergli irregolarmente nella cassa toracica.

– Il palero regge le redini del mondo. Il palero sorprende se stesso con la sua onda di empatia letale. Il palero sorprende se stesso e poi riversa sul suo sacrificale ogni cosa che realizza.
Il dialogo distorto e la nuova notte erano terminati insieme, con un bagliore atomico che giunse a spezzargli il sonno. Freddo mattutino e silenzio acuto di vento gli diedero il buongiorno, lo resero sensibile alla vista scioccante di un percorso di ciottoli, vivo. La strada si perdeva verso l’orizzonte. Piante grasse sembravano dargli le spalle come se non avessero visto chi aveva preparato quel sentiero. A guardarli, quei cactus complessi e deformati dagli innesti nanotech, avevano forme sinistre, sembrava fossero stati sorpresi dall’alba e dal suo stesso risveglio mentre erano assorti in strani discorsi disturbanti.
Il postumano avanzò a fatica, i suoi piedi in continua compensazione d’equilibrio su quei ciottoli difformi, bitorzoluti. Onde ipnotiche avevano preso a pulsare mentalmente poco dopo che era entrato nel viottolo, ricordando il verso il palero regge le redini del mondo. Il mantra si ripeteva indefinitamente. Qualcosa lo attendeva in fondo al percorso. Lo sentiva, lo vedeva quasi.
Stava andando verso un appuntamento stabilito tanto tempo prima. Ma da chi? Da cosa? Era proprio così, poi? Le ore passavano mentre il Sole percuoteva il suo rumore termico sulle protesi satellitari, disattivate, del postumano.

Fu accolto da un’ovazione di Male assoluto. Le ondate energetiche gli si chiudevano intorno mentre la terza giornata volgeva al termine. Il palero era accovacciato su un piccolo cumulo di terriccio, gli occhi aperti e l’espressione vuota. Orbite finte si aprivano su un abisso, un accesso a chissà cosa.
– Sembra tu sia in anticipo – sussurrò con indifferenza l’emissario del Male , che lasciò calare le tenebre con una vertigine di tempo stravolto, così violentemente da far muovere in fretta le lancette cerebrali del postumano. Il tempo si sfarinò, volò via. In breve fu notte fonda; le stelle brillavano timide e quasi nascoste, impaurite da quanto stava per accadere. Simili a gesti delle mani, le fronde di quel bosco selvaggio così lontano si agitavano follemente, come se obbedissero a un principio indotto di olografia. Conati vocali emergevano dalla gola postumana.

Un anaconda di proporzioni spropositate era ipnotizzato, sottomesso al palero. Gli era di fronte. Dei nanobot sembravano emergere qua e là dalle squame, mentre poco più distante il corpo afflosciato del postumano ribolliva di una decomposizione che liberava nell’aria RNA e DNA modificati. Il mago si stropicciava gli occhi e intanto mugugnava un vocabolario gutturale arcaico quanto l’inumanità.
Palero. Palero. Nganga. – E poi gesti che indicavano qualcosa che doveva infilarsi dentro; fumbi
Posizioni alchemiche ancestrali descrivevano il possente serpente come una nuova creatura a base sintetica. Dalla gola, il palero materializzò vocalizzi di nuova carne, un sottodominio di pura azione limitata di cui l’anaconda si pose a guardia. I nanobot vomitavano codice vocale e devozione. In quel luogo, sarebbe stata sempre notte, una notte distorta dai pensieri e dal Male del Palero.
– Il palero regge le redini del mondo. Il palero sorprende noi con la sua onda che ci ipnotizza. Il palero canta litanie sacre mentre ci distorce con le sue smorfie amorevoli.

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