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Al teatro delle iterazioni

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In tanti racconti usciti in una quantità di riviste e antologie, e anche nel suo blog Cybergoth ormai da un decennio Sandro Battisti dipana lo scenario cosmico di un lontanissimo futuro postumano, in cui fantastiche tecnologie modificano radicalmente corpi, menti e società, e in cui continuano a scatenarsi (diversi e sempre uguali) conflitti decisamente umani. Nel 2010 è uscito il romanzo Ptaxghu6 (EDS), scritto insieme a Marco Milani. In questo racconto, apparso in una precedente versione su Continuum l’Impero Connettivo incontra i limiti del narcisismo, e lo scenario è da teatro dell’assurdo. - SP

Sillax era appena entrato nella stanza. Il fragore anteposto ai suoi movimenti, frutto di una distorsione spazio-temporale creata ad arte, aveva frastornato le ombre che abitavano quel vano. Lui era uno dei più importanti funzionari imperiali; sulle spalle aveva decine di decadi d’attività emerita che ne avevano plasmato la fama in ogni angolo dello sterminato territorio statale, fino a formare icone leggere e grasse che galleggiavano ovunque, anche nelle minestre ricche di proteine destinate ai soldati.
Il suo nome lampeggiava ovunque, con disappunto delle routine che teneva costantemente installate nella psiche modificata; le ombre provarono a stordirlo con dei mandati a corto termine, stordimenti sinaptici ed emozionali che poco potevano scalfire la sua poderosa mole interiore. Lui era Sillax, l’anziano, il vetusto Governatore di quel nemmeno tanto remoto angolo giurisdizionale dell’Impero, di quell’Impero così radicato nello spazio e nel tempo da non avere precedenti nella ormai sterminata storia umana e postumana; di quello Stato il cui tessuto era costituito da un vasto territorio in cui lo spazio era soltanto la metà del dominio, mentre l’altra parte era costituita dal concetto evanescente di tempo. Convenzioni, quindi, su cui una stirpe aliena aveva costruito il proprio predominio sui figli degli umani.
Sillax si sedette di fronte a una vivace rappresentazione di arte olografica astratta – quadri spaziali in continuo mutamento, Orione annegava nella Fascia di Kuiper – mentre in tutta la stanza l’arredamento, le luci e i rumori mutavano con la stessa velocità del roteare delle sue pupille. Quella vorticosa finzione, così vivida, lo trasportò in un edificio rurale, arredato istantaneamente con una perfetta emulazione del XIX secolo e saturato dalla luce rossastra del focolare.
Sillax si sdoppiò, lasciò che a subire il terribile fascino di quell’energia occulta fosse un suo clone. Così osservò il suo doppio annichilirsi rapidamente davanti alla potenza ammaliatrice delle ombre, qualcosa che chiamava da un punto occulto del metaterritorio imperiale e lo soggiogava, lo stordiva, lo disassava. Ogni tanto la matrice originale del funzionario provava a connettersi, a mo’ di ping, al suo doppio, tanto per testare la qualità del degrado psichico. E così gli poneva domande che rendevano graficamente il continuum in cui il clone si trovava immerso, sempre più lontano dalle coordinate usuali.
"In quante repliche vedi te stesso dentro questa cucina?"
"Un fattore variabile, da 3 a 7, passando unicamente per il 5."
"Numeri primi, quindi. Hai notato una frequenza di mutazione?" Mentre interloquiva con l’altro se stesso, si sorprese a contemplare l’anomalia intrinseca dei numeri primi, quasi lui fosse destinatario di un messaggio occulto e antichissimo, qualcosa di simile a quello che dottrine arcaiche avevano imposto e che l’umanità adorava per fede, senza che ne riuscisse a comprendere il vero significato.
"No, assolutamente casuale. Non c’è un denominatore comune che appaia statistico." La risposta del suo clone tendeva a spiazzarlo.
"Cosa percepisci, ora, dentro il tuo kernel?"
A quella domanda, il clone si perse in una completa confusione linguistica, come se il vocabolario di cui era dotato fosse incompleto, inadatto a esprimere la complessa esperienza che stava vivendo. Così Sillax fu costretto a immergersi nel suo alter ego per periodi sempre più lunghi, rischiando qualcosa che andava ben oltre la contaminazione psichica. File d’alberi spazzati da un vento gelido si formarono nei suoi visori craniali ufficiali – gli impianti che servivano per colloquiare direttamente con l’imperatore Totka II – e gli raccontarono di un luogo immerso nella notte, in preda a esseri alieni e provenienti da un lontano quadrante di un altro continuum. Passò empaticamente tra quei fusti gelidi e neri, per pochi istanti, e fu percorso da un’onda completamente negativa che scosse fino alle fondamenta la sua potente consapevolezza. Poco più lontano un lago increspato custodiva gelosamente indizi di un altro ordine dimensionale.
"Cosa percepisci, ora, dentro il tuo kernel?"
Questa volta era il clone che si rivolgeva a Sillax, consapevole dell'onda di feedback che li attraversava. La stanza era compressa da pellicole trasparenti che limitavano la capacità di Sillax di possederne il polso, un muro di gommapiuma traslucida che aumentava il distacco. Lui non poteva rispondergli, perché era meravigliosamente preso da un'onda empatica che gli cortocircuitava il desiderio di comunicare. Il funzionario si trovava magnificamente perso nel mondo immateriale generato. Era con la bocca e gli occhi cuciti, a faccia in giù nello stagno che lo metteva in comunicazione con quelle tremende energie.
Per un momento infinito gli sfuggì il motivo per cui era entrato in quella stanza. Poi si riebbe. Pescò da un pozzo psichico inaspettato la giusta determinazione per risalire la china, per non perdersi. Il viaggio che aveva compiuto per giungere fin lì ora gli appariva per quello che era stato: pregno di nessuna compagnia di rumori da intrattenimento, soltanto la necessità di ascoltarsi e ascoltare il ronzio di fondo degli elementi naturali trattati con gel connettivo.
"Numeri primi. Una cascata di numeri primi che intessono la trama stessa della realtà." Così rispose Sillax a se stesso, rivolgendosi al clone. Il clone lo guardò di rimando, illuminandogli la mente di tante piccole rimembranze che aveva ormai dimenticato: Sillax da bambino, un postumano nato in vitro, portentosamente dotato di un quoziente intellettivo fuori dalla norma, un poderoso organismo in grado di non rigettare gli interventi genetici migliorativi a cui veniva precocemente sottoposto dalla casta medica.
"Numeri primi in cascata. Come neve. Fuori da questa casa nevica fiocchi codificati in esadecimale, il cui significato è nascosto in una tabella di numeri primi."
Il soliloquio continuava. Effettivamente, fuori nevicava copiosamente. Sfruttando la percezione extrasensoriale l’anziano funzionario si accorse di un meraviglioso mistero nascosto in quello spettacolo naturale. Quel paesaggio lo spostava, lo portava in un luogo fuori dal tempo e, probabilmente, via dalla sua giurisdizione e da Totka II. Era così soave ascoltare la musica delle stelle suonare e trasportarlo, precocemente, su una via di fuga istantaneizzata nei suoi apparati neurali. Caratteri cuneiformi prendevano vita, come una visione strutturata in finestre appoggiate e parzializzata, di cui solo la più superficiale permetteva una comprensione accurata e illusoria.
Per affinità, quelle immagini gli ricordarono il motivo che l'aveva condotto dentro quel bizzarro vano, quando si era bloccato come se qualcosa l'avesse chiamato, distolto dal normale corso dei suoi pensieri. Ricordò di essersi dovuto fermare a guardare un punto indefinito distante pochi metri, perso tra gli alberi, dove intravedeva ombre indistinte agitarsi nella luce del sole. Quelle lamelle d’energia instabile, tremolanti alla vista ma consistenti, subdolamente attive, si erano mosse e lui, il Governatore di quello spicchio di regno, non aveva potuto sottrarsi al terribile fascino. Conquistato, tracciando i suoi spostamenti su una tavola mnemonica, aveva preso la scia del flusso umorale come un cane fiuta la pista ed era stato trascinato, quasi senza accorgersene, davanti a quello splendido quadro artistico che ora, mutando continuamente forma e immagini, si stava trasformando in una bizzarra esplosione di materiale galattico variegato, denso di colori accecanti.
Era alla chiusura del cerchio. Cercò il suo clone, in apparente difficoltà olografica; questi lo intercettò con lo sguardo e lo informò sullo stato quantistico intorno a loro.
"Il numero dei cloni è in crescita, e si rivela completamente quando le probabilità forcano nelle biforcazioni delle probabilità. Ora vedo fino a 31 iterazioni di me stesso fare operazioni singolarmente diverse. L'empatia si espande incontrollabilmente."
"Lo sguardo che mi accingo a interpretare ora dovrebbe porre fine a questo stillicidio probabilistico" gli rispose, sicuro e determinato.
Sillax pescò quindi nel suo database emotivo, cercando il mood che riteneva giusto. Dopo pochi secondi soggettivi, indossò l'espressione incredula che aveva registrato anni addietro sul volto di un malato di cuore, ancora immerso nell'epifania di un salvataggio avvenuto in extremis dopo un infarto. Vi si poteva leggere tutta la rinnovata voglia di vivere, la meravigliosa luce miracolata che pervadevo ogni suo sguardo. Sillax fu pronto e nell'istante t0 fece esplodere in quella cucina, così fake, tutta la carica vitale sprigionata da quel suo repertorio d'archivio. Poi fissò le ombre. Scivolò nei meandri di un percorso iniziatico come se fosse coperto da una tuta mimetica nanotecnologica.
L'oscuro rumore di un risucchio lo coinvolse per alcuni attimi, ma fu lesto ad agganciarsi saldamente alle porte ancorate sui cardini. Passarono altri momenti, interminabili; i suoi cloni erano ora confinati, per un ipotetico uso futuro, ognuno in una gabbia dimensionale, occupati in operazioni di routine come se fossero stati posti in ibernazione. Ciò che dopo rimase della struttura d’apparenti mattoni fu un'ombra atomica, un paventato ricordo registrato su nastri emo-temporali di cui Sillax era l'unico Amministratore, oltre all'Imperatore stesso.

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