>Racconti
Fino alla fine del mondo
di X

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La capsula di incubazione è una bara concepita da una mente contorta e sadica. Un intrico di tubature e cavi fornisce l’alimentazione a questa scultura dall’immane potere suggestivo, in un repellente capovolgimento concettuale dell’organica relazione tra l’interno e l’esterno. Sotto la fibra isolante, posso avvertirlo, scorrono flussi incandescenti di energia purissima, veicolata dalle guide d’onda, convogliata nel nucleo di controllo del dispositivo per evocare dal suo placido letargo lo Spirito Supremo del Tempo.
Prigioniero impotente della mia ultima speranza, mi sembra di osservare il mondo da un acquario.

Mentre guardo l’Arconte armeggiare con le sue sofisticatissime apparecchiature – strumentazioni avvolte da un’aura aliena di inesplicabilità – mi accorgo che qualcosa di strano sta accadendo: inesorabilmente ma progressivamente, i limiti della mia percezione del mondo stanno cambiando. Lo sconvolgimento da alterazione sensoriale è sintomatico di una imminente perdita di coscienza.

Poi, un’ondata di gelo mi assale, propagandosi incontenibile lungo gli assi neurali della mia consapevolezza. L’incantesimo quantistico su cui si fonda l’apertura della cronosoglia spalanca le porte alla dissociazione… sento di esplodere fuori dalle mie ibride membra, in preda ad una sublime espansione verso i confini stessi dell’Universo. Nuove viscerali connessioni si instaurano tra il mio essere senziente e la ricettività paziente del cosmo.

>final direx: endofdream

Lascio che i flussi ininterrotti di sogni dimenticati si riversino in me dal passato. Ignaro di quel che accadrà, sento le spire del tempo avvolgersi delicatamente attorno alle terminazioni estreme del mio essere, e aprirsi la strada verso il cuore cristallizzato della mia coscienza. E ancora una volta, scivolo nel torpore pervaso di spettri e fantasmi del sonno criogenico.

In attesa di un nuovo, temuto Risveglio.

Racconto originariamente apparso sul sito Othersider.com, e poi nell’antologia Noir no War curata da Marco Milani e Alda Teodorani per Giulio Perrone Editore. Nel 2004, questo racconto si è classificato sesto alla X edizione del Premio Alien.

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