Postumanesimo e portatori di handicap.
Approccio psicologico o pressione evolutiva in una società tecnologicamente avanzata?
Opportunità medica o reale convinzione culturale del portatore di handicap?
Superamento filosofico e religioso del “difetto” quale destino voluto da Dio oppure facilitazione nell’accedere a tali tecnologie?
L’abbandono delle antiche vestigia è solo un fatto tecnologico o c’è bisogno di una premessa psico-culturale? Bisogna “desiderare” di abbandonarle o sostituirle? L’unico vero vestigio è l’antropocentrismo?
Una mia amica non udente si sfoga scrivendo poesie: l’unico modo per continuare a coltivare la “musica” è attraverso la musicalità dei versi… Ma sa benissimo che è una vita a metà: felicità impacchettata e riscaldata come una minestrina in mancanza di vero cibo!
Come passare dalla poesia alla proposta di un microchip capace di stimolare la zona del cervello adibita alla gestione dei segnali sonori o di un “timpano computerizzato” da incastonare nell’orecchio medio? Come convincerla a diventare una “oto-cibernetica”?
Dolce e inconsapevole poetessa postumana…
Basta poter dire “si può fare?” oppure bisogna imparare ad essere consapevoli che si può fare e desiderare di farlo?
Desiderare di trascendere tecnologicamente…continuando a scrivere poesie!
Progresso postumanista egosostenibile…
Propongo un topic urgente di BIOTECNOETICA CONNETTIVISTA e PSICOLOGIA APPLICATA AL POSTUMANESIMO.