QUEL POMERIGGIO A BOLOGNA

Se non sai dove va, qui andrà bene.

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QUEL POMERIGGIO A BOLOGNA

Messaggioda Abate » giovedì 5 luglio 2007, 0:17

BOLOGNA 30-06-07


E’ un caldo pomeriggio d’estate a Bologna. L’aria, intrisa d’umidità, ti avvolge in un viscido sudario, abito scomodo, abito involontario. Cammino lungo via di Saliceto, una strada che taglia in due alti caseggiati, negozi cinesi, ristoranti cinesi. Giunto alla sede centrale dell’A.T.C.( l’azienda trasporti pubblici della città) mi avvicino al posto di guardia e chiedo al vigilante, che nel frattempo scartabella un plico di fogli battuti al computer, se può gentilmente indicarmi la vecchia sede dell’A.T.C.
Il vigilante si toglie che indossa occhiali da sole che lo fanno sembrare uno di quei poliziotti dei film anni ‘70 con estrema gentilezza mi spiega la strada che devo percorrere per giungere a destinazione. Dopo aver attraversato un ampio parcheggio, imbocco l’entrata di un giardino pubblico. Lì, all’ombra degli alberi, ci sono alcuni scivoli, un’altalena, un paio di panchine, vecchi assonnati e bambini che, non curanti dell’afa, giocano spensierati. Poi, d’improvviso, lo vedo. E’ un capannone dal tetto basso, ristrutturato di recente, pulito, e questo contrasta con il resto della struttura, vecchia, erosa dagli anni. Lo osservo e il cuore inizia a battermi nel petto. Mi rendo conto di trovarmi a pochi metri da lui. Solo un muro ci divide. Io e lui: IH-870. Entro e all’ingresso mi si fa incontro una giovane hostess che, sorridendo, mi consegna un libretto bianco. Leggo l’intestazione sulla copertina. Decido di non aprirlo, non ancora.
Io e lui: IH-870.
Pochi visitatori. Il silenzio è pesante e ti mette a disagio. Eccolo lì, davanti ai miei occhi, reale e non più filtrato da un tubo catodico o dalla pagina di un libro.
Il velivolo, ciò che ne resta, è stato adagiato al centro del museo, pochi metri sotto il livello stradale. Tutto attorno, appesi alle pareti bianche, ottantuno specchi neri. Dal soffitto in lamiera scendono ottantuno lampadine luminose che pulsano, lentamente, come se respirassero. Nell’aria sento voci, bisbigli. Sono i pensieri delle vittime, normali riflessioni di persone normali. Quotidianità. Vita di tutti i giorni.
Osservo il velivolo. Pezzi squarciati, anneriti, riemersi dal mare, dalla memoria del tempo. Accanto al simulacro del DC-9 casse nere, lapidi tombali. All’interno delle casse gli effetti personali dei passeggeri. Non si posso vedere, ma li hanno fotografati e le fotografie sono diventate il libretto bianco che mi hanno consegnato all’ingresso. L’intestazione sulla copertina dice” Lista degli oggetti personali appartenuti ai passeggeri del volo IH 870”. Questo posto è un pugno nello stomaco che ti impedisce di respirare. Eccolo lì, il solo e unico testimone di una vergogna nazionale. Davanti al suo scheletro ferito, distrutto, non puoi fare altro che odiare un paese che si è reso capace di una cosa come quella. Questo è il momento di portare rispetto ad ottantuno persone alle quali è stata negata la vita.
Appoggiato alla balaustra chiudo gli occhi e tutto ad un tratto mi sembra di sentire le comunicazioni radio di quella notte.

Roma - "L'IH870 diciamo ha lasciato Ponza 3 miglia sulla destra, quindi, quasi quasi, va bene per Palermo così."
IH870 - "Molto gentile. Siamo prossimi a 250."
Roma - "Perfetto. In ogni caso ci avverta appena riceve Palermo."
IH870 - "Sì, Papa-Alfa-Lima lo abbiamo già inserito, va bene e abbiamo il DME di Ponza."
Roma - "Perfetto. Allora normale navigazione per Palermo, mantenga 250, richiamerà sull'Alfa."
IH870 - "Benissimo, grazie."

Cammino intorno al velivolo. Un punto d’osservazione privilegiato. Da lì puoi scrutare ogni dettaglio di un dolore infernale. Lamiere spezzate, lamiere sbriciolate, lamiere che non dimenticano. Duemilacinquecento frammenti di dolore. In una stanza adiacente, monitor di computer sui quali scorrono immagini di teatro civile. Mi siedo e davanti a me, su un telo bianco, scorre un emozionante documentario intitolato “Ero nato per volare” realizzato da Enza Neuroni e Marco Melega; documento toccante che racconta, come se fosse l’aereo stesso a farlo, il disastro e l’ultimo viaggio che da Pratica di mare lo ha riportato a Bologna la città dalla quale si era alzato in volo per l’ultima volta ventisette anni fa.
Il museo della memoria della strage di Ustica non è un museo. All’uscita non ti senti arricchito di storia o cultura. Non ti senti felice e non hai voglia di scherzare. Hai solo voglia di assimilare ciò che hai visto. Un monumento al dolore, un luogo per ricordare e non dimenticare, un luogo che ti mette a disagio ma che impone riflessioni importanti.
Abate
 
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Messaggioda X » giovedì 5 luglio 2007, 16:30

Farò presto visita anch'io al museo. Se vorrai, magari potresti tornarci anche tu.

X
Ho sognato una tempesta concettuale forza cinque che soffiava sulla realtà devastata. - Jean Baudrillard

uno Strano Attrattore
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Messaggioda Abate » giovedì 5 luglio 2007, 17:58

Volentieri X. Sarò felice di farti da guida
Un salutone da Simone
Abate
 
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