Note ad una Recensione sui Frammenti

Commenti e discussioni sugli articoli pubblicati.

Moderatori: X, 2x0

Note ad una Recensione sui Frammenti

Messaggioda Logos » martedì 29 settembre 2009, 12:21

Ciao a tutti,

visto che il Forum non è solo il luogo dove si organizzano le Lustro Con, volevo segnalarvi (molti di voi già lo sapranno) la recensione di Fabio Calabrese apparsa su Continuum della nostra seconda antologia Frammenti di una Rosa Quantica.

Vi lascio il link: http://continuum.altervista.org/recensi ... ntica.html

Vorrei quotare qui due passaggi che mi sembrano significativi. Non entro nel merito delle preferenze del recensore sui vari racconti, alcune considerazioni sono condivisibili altre forse meno, ma mi hanno molto colpito due affermazioni su cui vorrei proporvi un dibattito, anche in vista di questi 5 anni che si avvicinano e che mi (ci) portano a chiedere chi siamo e cosa abbiamo lasciato dietro di noi.

Ecco i due passaggi:

"Cosa ha in comune l'hard science fiction di De Matteo con le atmosfere delicate e sognanti di Simone Conti, ad esempio in Il vecchio che sognava macchine volanti? Il dubbio che viene, è che la linea di demarcazione fra il connettivismo e il resto della fantascienza non sia né di stile né di contenuti, ma semplicemente generazionale – anagrafica."

e

"Un'antologia, in conclusione, fatta di racconti validi e racconti meno validi, il cui difetto di fondo, però, è che se Supernova Express non riusciva a dare un'idea precisa del connettivismo italiano, quest'idea, dopo la lettura di questo libro, si è fatta ancor più sfuocata. L'unico racconto che mi pare rispetti appieno i canoni enunciati nel Manifesto del connettivismo è, come al solito, quello di De Matteo che, comincio a pensare, non lo si debba ritenere il fondatore del connettivismo, ma che sia il connettivismo tout court."

Il recensore sembra quasi chiedersi: ma esiste davvero questa cosa che è il Connettivismo oppure è solo un nome che raccoglie autori legati fra loro solo da età e amicizia?

Per quanto mi riguarda io percepisco che il Connettivismo non è solo un nome, un vuoto contenitore forse un po' presuntuoso, io sento che vi è una sensibilità, un sentire, un feeling, comune che lega i suoi esponenti e li accosta anche se la loro produzione può apparire eterogenea e lontana l'un dall'altro. Cosa sia questo feeling io non riesco ancora ad esprimerlo, a raccontarlo e, credo, questo possa essere uno dei punti su cui riflettere e confrontarsi. Come scrivevo sulla Ermetica Ermeneutica che uscirà col numero 14 di NeXT si ha l'impressione che il Connettivismo abbia concentrato la sua attenzione sul FARE connettivismo ma che non sia riuscito ancora a DIRE il Connettivismo in modo limpido, estensivo e soprattutto esogamico. Facciamo il Connettivismo perchè lo sentiamo, lo viviamo, ne parliamo (cacchio quante volte a dibattere di post-omità con Sandro, Antares e Domenico), lo esperiamo a livello quasi epidermico ma proprio per questo è come se rimanesse ancora sulla punta della lingua.

Non mi riferisco alla necessità di trovare ennesime definizioni (tra l'altro io resto dubbioso che il Connettvismo possa essere definito come connessione di generi) per spiegarlo, io mi riferisco ad una produzione artistica che sia così manifestalmente piena di significati propri e peculiari, riconscibili e identificabili in una unicità di senso (under-meaning) comune, da poter comprendere il Connettvismo (benedetto, Dilthey).

A questo proposito ho trovato che AFO andasse proprio in questa direzione, emergeva da tutti i racconti (tranne solo un paio) un filo comune, una similarità non di contenuti o di inventiva ma di senso, di profonda stratificazione comune di un sentire identico che emergeva chiaro e manifesto agli occhi del lettore. Certo, AFO dà una visione del Connettivismo un po' cupa e gothic ma un ipotetico recensore non potrà non notare che è coesa, nel significato e nel feeling che emergono dalle sue pagine.

AFO è però un primo passo di un cammino più lungo, un passo forse non ancora sufficiente. Non si tratta di trovare la fonte del Connettivismo, la sua linfa vitale c'è ed è forte, il Fare Connettivismo è vivo nell'entusiasmo di molti di noi, si tratta, invece, di saper incanalare questa forza in modo limpido ed esogamico, si tratta di Dire il Connettivismo, di raccontare la sua sensibilità, la sua emozionalità, il suo sentire, il suo odore (senza però ingabbiare l'espressività e la narratività in forme precostituite a priori di identificazione (schematismi che sono la soglia della consunzione)).

Ho detto.. forse un sacco di cazz.. ma la recensione mi ha fatto tornare in mente cosa su cui stavo già riflettendo..

Attendo le vostre illustri opinioni.

Ciaooo

logos
Logos
 
Messaggi: 410
Iscritto il: venerdì 15 settembre 2006, 9:33

Re: Note ad una Recensione sui Frammenti

Messaggioda zoon » martedì 29 settembre 2009, 13:27

il movimento sta maturando da cinque anni, e quando vi giungerà sarà un po' come decadere, piano piano. la maturità del connettivismo è evidente, ma non è all'apice; onestamente, credo che di cose da dire ce ne siano ancora tante e che tutti quanti sappiamo scrivere meglio di connettivismo e fantastico rinnovato rispetto a un po' di tempo fa. le strade per rinnovarci noi stessi, per affinarci, le scopriremo man mano.
forse AFO ha avuto l'unico merito di stringere il movimento attorno a una sola tematica piuttosto che farlo vagare per tutto il sentire di sui siamo capaci; solo che i passi precedenti sono stati necessari per arrivare ad AFO, e suppongo AFO sia indispensabile per le prossime espressioni, prossimi romanzi che scriveremo e quant'altro. non dimentichiamoci che la rosa quantica ha sul groppone, ormai, un paio di anni, è una fotografia altrettanto storica del movimento, così come lo è ormai supernova express... stiamo imparando a scrivere di connettivismo, magari qualcuno c'è arrivato prima altri dopo, ma tutto il gruppo lo sta facendo in modo sempre più deciso...
zoon
 
Messaggi: 1853
Iscritto il: venerdì 15 settembre 2006, 11:07

Re: Note ad una Recensione sui Frammenti

Messaggioda Ro » mercoledì 30 settembre 2009, 18:26

Ringrazio Logos per aver aperto questa discussione e per l'approccio franco, onesto e critico con cui si interroga sui caratteri distintivi del connettivismo, sull'identità che oggi ha raggiunto questo movimento e su cosa il connettivismo si propone "di dire".
Credo che una simile riflessione possa essere molto utile, ed il fatto che sia stata ispirata da una recensione pubblicata da chi il connettivismo lo segue "dall'esterno" (e quindi probabilmente in maniera più obiettiva di come potremmo farlo noi che ci siamo dentro, per quanto ovviamente si possa non essere d'accordo con le opinioni espresse nel pezzo) su Continuum mi fa molto piacere.
Come già ho avuto modo di dire a Calabrese, cè un'affermazione sulla quale mi sento di dissentire: il fatto che la questione anagrafica possa essere un collante che in qualche modo abbia appiccicato degli afflati diversi sino a dar luogo a una corrente letteraria unica pur non essendo originariamente accostabile.
È vero che all'interno del connettivismo esistono identità molto differenti tra di loro, ma non credo che il trad d'union sia l'età anagrafica: mi sembra che all'interno del movimento siano presenti più di una generazione e oserei dire che ci sono dei lupi siderali che (carta d'identità alla mano) potrebbero essere padri di altri lupi siderali.
Più interessante è la questione dell'aderenza di ciò che scriviamo con ciò che è espresso nel Manifesto. Giacché il Manifesto è (o dovrebbe essere) ciò che definisce le linee guida del connettivismo, fino a che punto possiamo essere elastici nell'interpretarne e seguirne i punti quando gli si ascrive un'opera senza pregiudicare il senso di appartenenza del resto del gruppo al movimento?
Per questo motivo, per quanto capisco le varie esigenze dialettiche e diplomatiche, trovo controproducente la reticenza dal "definire" il connettivismo in modo anche semplicistico e banale: cercare di capire qual è il massimo comun denominatore è a mio avvisoil modo migliore per fortificare la nostra identità.
A suo tempo dissi che il connettivismo tenta di "sublimare la tecnologia e la scienza d’avanguardia in suggestioni di carattere poetico o quantomeno emozionale", ed è in quest'ottica che ho cercato di dare il mio contributo.
Curiosa, per quanto riduttiva, anche la definizione di Donato Altomare, secondo cui il connettivismo è "il genere che poeticizza il cyberpunk".
Riduttiva, già, ma intanto può essere un buon banco di lavoro, poi i corollari si possono sempre inserire in seguito.
Ro
 
Messaggi: 146
Iscritto il: domenica 24 settembre 2006, 14:26


Torna a Articoli

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 3 ospiti

cron