Serial Experiments Lain: il connettivismo a oriente

Disegnatori del futuro.

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Messaggioda dixit » giovedì 5 ottobre 2006, 21:57

Ma alla fine uno non puo' scrivere d'ispirazione?

Se cio' che conta e' essere propositivi, perfetto, poi ognuno contestualizza come crede, no?
dixit
 
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Messaggioda X » giovedì 5 ottobre 2006, 22:15

dixit ha scritto:Ma alla fine uno non puo' scrivere d'ispirazione?

Se cio' che conta e' essere propositivi, perfetto, poi ognuno contestualizza come crede, no?


Giusto, ma ormai il futuro sembra essere dipinto sempre con lo stesso pennello e lo stesso colore: nero. Va bene, il mondo fa schifo, siamo tutti d'accordo. Di questo passo è difficile aspettarsi un miglioramento, se la gestione (delle risorse e degli affari) resta in certe mani. D'accordissimo. Ma allora che ci stiamo a scrivere a fare? Organizziamo un suicidio collettivo e facciamola finita...

Invece scriviamo e, come sicuramente avrete fatto tutti, anch'io mi sono chiesto perché. Per leggere le storie che vorrei vedere scritti da altri? Forse, anche se un pochino pretenzioso e arrogante. Ma allora, davvero, perché? Per la gloria... Ebbene sì, credo proprio che sia per questo: non la gloria che ti torna in contropartita di un insuccesso, ma la gloria che deriva dall'aver comunicato qualcosa a un'altra coscienza.

Converrai anche tu con me e Roberto che se uno mette in scena un futuro cupo e ci intrappola un antieroe senza speranza (il cliché imposto dal cyberpunk) riuscirai a comunicare ben poco. Non perché la storia non sia valida, ma perché è la stessa che ormai si rivendono praticamente tutti: hanno visto che funzionava con Gibson, credono che possa andar bene anche per loro. E il successo clamoroso del noir conforta le loro illusioni.

Io non ho niente contro Gibson né contro Chandler, ma loro appunto sono/erano dei fuoriclasse. E se Gibson ha avuto il merito indiscutibile di aprirci gli occhi su certi aspetti della realtà, altrettanto vero è che i suoi emuli stanno dilapidando un'eredità preziosa. Non ho citato Chandler a caso: qualcuno conosce un perdente più cazzuto di Marlowe? Ogni sua investigazione scopriva un po' di merda in più nascosta sotto le belle vesti della società, eppure non si stancava mai di pestare i piedi ai potenti. Fino all'ultimo, anche se poi gli andava al culo (scusate l'espressione colorita...) l'ultima parola doveva essere la sua. Il che è lo stesso che adesso fa Morgan con Takeshi Kovacs. Se devo leggere qualcosa, è questo che voglio leggere.

E' questo che voglio scrivere. E non dimentichiamoci che potrebbe essere alle porte una cosa chiamata Singolarità. Se ci crogioliamo come romantici maledetti nella nostra tristissima contemplazione del mondo, chi altri si muoverà al nostro posto per incanalare il progresso nella giusta direzione?

Altri 2 cents...
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Messaggioda dixit » giovedì 5 ottobre 2006, 22:38

Sono d'accordo.

Ma in molti romanzi, c'è sempre una tendenza a voler lasciare uno spiraglio per immaginare un futuro diverso. Nelle utopie spesso c'è una qualche interferenza che destabilizza, nelle distopie emerge una speranza, che i posteri coltiveranno e così via. Se la fantascienza è cambiamento e rinnovamento, allora questo è ciò che emerge.
Non so dirti come si comporti in generale il mondo della narrativa cyberpunk...
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Messaggioda X » giovedì 5 ottobre 2006, 22:47

dixit ha scritto:Non so dirti come si comporti in generale il mondo della narrativa cyberpunk...


Non è solo il cyberpunk. E' un atteggiamento diffuso, ormai, in tutta la fantascienza. Se non è l'apocalisse, il lettore può stare certo che l'apocalisse lo aspetta dietro l'angolo. Se non è la catastrofe, si può essere certi che di questo passo la fantascienza di consumo (stavo per dire "di massa", ma sarebbe stata una palese esagerazione) diventerà un anestetico: priva di potere catartico, servirà solo a narcotizzare le coscienze, spacciando per intollerabile un futuro che è già status quo.

Ora torniamo tutti e due ai nostri romanzi, che è tardi e domani ci aspetta un'altra giornata!

Buon lavoro!
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Messaggioda Ro » venerdì 6 ottobre 2006, 10:35

Sottoscrivo ogni parola di X, con il quale condivido esattamente lo stesso pensiero sulla faccenda. In merito all'osservazione di Dixit, invece, direi che il proliferare di anti-eroi e di bagni di autocommiserazione non è dovuto all'ispirazione. A mio avviso è solo una questione di status symbol, una tendenza, una moda che si è insinuata nella fantascienza sino a diventarne background culturale. Non dico che non si possa fare, ma è possibile seguire strade alternative.
Oltretutto c'è lo stereotipo secondo cui il personaggio della sf della Golden Age era inverosimile, mentre quello di oggi è più "umano". Perché? Sono d'accordo sul fatto che l'eroe anni '50 fosse piuttosto improbabile (ma almeno conservava un certo fascino), ma cos'ha di "umano" l'antieroe? Ci sentiamo veramente tutti dei perdenti senza possibilità di riscatto? Io non credo. Altrimenti (per dirla come X) organizziamo un suicidio collettivo. Se si vuole umanizzare i propri protagonsisti, è necessario riequilibrare la bilancia.
Ro
 
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Messaggioda dixit » venerdì 6 ottobre 2006, 18:59

A me gli antieroi piacciono fino ad un certo punto.

A me piacciono le visioni in cui si pratica una strenua lotta per far emergere, in un contesto difficile, delle idee, delle scoperte, che porteranno (in un futuro oltre il racconto) a cambiamenti profondi, positivi. Una cambiamento positivo può anche essere traumatico... nel momento in cui avviene.

Ricordate Alexander? Il distruttore del mondo?
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Messaggioda X » venerdì 6 ottobre 2006, 19:32

dixit ha scritto:Un cambiamento positivo può anche essere traumatico... nel momento in cui avviene.


E' inevitabile che sia così.

Comunque mi sembra che qui tutti condividiamo lo stesso parere, da cui ne deduco che tutta la discussione è nata da un malinteso. Meglio così, abbiamo avuto occasione per confrontarci su una questione sentita...

Troveremo un'altra volta qualcosa che ci disunisce... :roll:

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