Dov'è l'errore?

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Re: Dov'è l'errore?

Messaggioda zoon » martedì 25 novembre 2008, 14:05

intervengo un momento prima che esploda la potenziale deriva di questo thread: il titolo che ho dato al thread stesso è abbastanza esplicativo (almeno così era nelle mie intenzioni) ovvero dov'è l'errore nel ragionamento esposto? quello che intendevo comprendere col vostro aiuto, perché mi appariva palese l'incongruenza, è centrare se e dove fallisce il meccanismo del mio pensiero: se la quantistica dice che osservare, ancor prima di misurare, significa modificare l'esperimento, allora sperimentare ha valore di interazione e non di prova sperimentale? nessuna guerra di religione, solamente un tentativo di ragionare su un apparente assurdo. proviamo a focalizzarci lì :)


grazie a tutti :)
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Re: Dov'è l'errore?

Messaggioda Antares666 » martedì 25 novembre 2008, 14:17

Le cose stanno così: se tu pensi a una cosa, in qualche modo la alteri. Qualsiasi interazione comporta l'alterazione. Ci si potrà chiedere allora come abbia fatto una conoscenza scientifica a svilupparsi. Semplice: quando si tratta di oggetti materiali, gli effetti di alterazione sono pragmaticamente trascurabili nel macroscopico, mentre diventano via via più importanti man mano che si procede nel microscopico. Le cose cambiano radicalmente quando si passa all'universo dei concetti e dei memi. Si vede come la comunicazione di massa sia una colossale illusione cognitiva dettata dal marketing. Ne è un esempio lampante la miopia assoluta dei creatori di Splinder: essi pretendono di far credere che quando l'utente pubblica qualcosa, il testo riproduca in modo micrometrico le sue sensazioni e che queste siano trasmesse senza distorsione alcuna nelle menti di tutti i lettori.
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Re: Dov'è l'errore?

Messaggioda Antares666 » martedì 25 novembre 2008, 14:35

Su una cosa non potremo mai dubitare: siamo nella merda :twisted:
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Re: Dov'è l'errore?

Messaggioda Evertrip » martedì 25 novembre 2008, 14:50

Cercherò di evitare le derive misticiste, per questa volta, in quanto abbia una posizione notevolmente diversa da tutti quanti, che vede la scienza raggiungere risultati impensabili in un lontano futuro.

Tornando al tema del thread (grande, era da tempo che non facevamo un dibattitone su questo forum!) sono curioso anch'io come zoon di tentare a capire questa "realtà" che è la fisica quantistica, e pertanto interrogo gli esperti esponendo un mio quesito, più approfondito: ho letto tempo fa, da qualche parte, che studiare una particella subatomica comporta "isolarla" in un modo che non mi è chiaro, restringendo lo spazio attorno ad essa, e di norma questo comporta come reazione l'aumento della velocità della particella stessa. Forse sto mischiando un po' di cose, fra teorie dei campi e principio di indeterminazione: in tal caso mi piacerebbe avere un chiarimento, perlomeno per capire a fondo questo aspetto della fisica quantistica.
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Re: Dov'è l'errore?

Messaggioda 7di9 » martedì 25 novembre 2008, 20:09

Mmh... dall'alto della mia ignoranza in ambito tecnico-scientifico, mi verrebbe da dire - così, secondo quelle che sono le mie sensazioni a riguardo - che l'errore risieda nel tipo di interazione adottata. Perché se l'universo non ha forma, né è misurabile, perché in continuo movimento, perché altrove rispetto a noi, allora interagire con esso secondo criteri statici è errato, fuorviante, ecco. Questo non toglie però validità alla scoperta scientifica, sia chiaro. Solo che, in quanto tale, presa nella sua assolutezza sistematica - matematica, fisica ecc. - la certezza, l'assioma altro non sono che imitazioni dell'evidenza. Plasmano e spiegano ciò che è evidente, e quindi anche ciò che è umano, ma non spiegano. Penso quindi che l'errore risieda proprio nell'umano. L'uomo è ontologicamente incapace di sondare la struttura dinamica, fluente, dell'universo. Diciamo che le premesse sono sbagliate - biologia, cervello ecc. - l'oggetto è immanente ma inconoscibile, mentre il mezzo di indagine è corretto, ma inutile. Corretto per manipolare l'illusione, ma inutile per penetrarla. E' un errore ostativo, si potrebbe dire, fisiologico. :)

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Re: Dov'è l'errore?

Messaggioda zoon » martedì 25 novembre 2008, 20:21

messo così il thread mi soddisfa molto. su, è stimolante, direi... altre suggestioni dall'argomento? :)
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Re: Dov'è l'errore?

Messaggioda X » martedì 25 novembre 2008, 22:56

Temo che alla base di tutte le considerazioni emerse da questo spunto ci sia un equivoco di fondo, che inevitabilmente finisce per influenzare (questo sì) le conclusioni che sono state finora esposte.

La scienza non deve essere infallibile, perché la scienza non è un complesso di verità, ma un percorso di conoscenza. La scienza è un approccio e questo approccio è compiutamente incarnato nel metodo scientifico.

A questo punto, una precisazione. Il principio di Heinsenberg da cui tutta la discussione si è evoluta, ovvero che la misura condiziona inevitabilmente il suo risultato, è valido sulla scala microscopica dei quanti, ma perde validità con il passaggio ai sistemi macroscopici. Questo perché i sistemi macroscopici presentano proprietà emergenti che possono essere descritti ricorrendo alle variabili giuste, laddove nel caso della meccanica quantistica occorreva affidarsi a termini probabilistici. Sicuramente questa apparente inconciliabilità tra le due scale, l'infinitamente piccolo e l'infinitamente grande, è un'evidenza dei limiti che tuttora affliggono la nostra comprensione del mondo. Ma è altrettanto vero che la scienza non ha smesso un attimo, nella sua storia, di mettere in discussione le certezze acquisite. Ed è stato questo suo spirito ad averla tenuta in vita e ad avere permesso all'umanità di ritrovarsi oggi in un non-luogo che non esiste fisicamente da nessuna parte, se non in un insieme di elettroni fermi su dei condensatori o in corsa dentro dei fili di rame, distribuiti in giro per il mondo. Elettroni che trasportano le mie parole, le vostre, e le traducono in immagini davanti ai nostri occhi. Noi siamo abituati ormai a scambiare una cosa per l'uso che ne facciamo, ma mentre dell'uso l'unico responsabile è e resta l'utente finale, della cosa il merito va tutto al concetto che l'ha resa possibile e al lavoro che le ha permesso di funzionare. E il funzionamento di qualcosa rappresenta la traduzione della scienza in tecnologia. L'esito del progresso collegato alla tecnologia, e attraverso di essa alla scienza, è tale per cui non serve dilungarsi ulteriormente. A me piace credere che come la tecnologia è la traduzione in tecnica di un'arte, così la scienza è - paradossalmente - assimilabile proprio all'arte da cui sembrerebbe tanto distante. La scienza è l'arte del dubbio e non c'è bisogno di cercare altrove per trovare una procedura più valida per testare il funzionamento di un'idea, la consistenza di un'ipotesi, l'efficacia di una teoria: c'è già il metodo scientifico, pensato proprio per essere infallibile.

La scienza non ha alcuna pretesa di infallibilità per i risultati acquisiti. Il dubbio è impresso a fuoco nella natura del suo metodo.

Una dimostrazione esemplare è rappresentata dal secondo principio della termodinamica, così suggestivo per così tanti autori, artisti e connettivisti, per le sue relazioni con il concetto di entropia. [L'entropia è una immagine potente, potremmo dire che col tempo ha dimostrato la sua intrinseca natura di meme, dato che corre praticamente sulla bocca di tutti (comprese persone che non hanno grosse conoscenze o grossa stima della scienza) sebbene finora non abbia incontrato ancora nessuno in grado di spiegarmene con esattezza i segreti. L'entropia, nella sua formulazione accademica, scolastica, è un concetto elementare, eppure, per molti versi, l'entropia resta un mistero. Quello che conosciamo basta tuttavia ad affascinarmi anche più di quello che ancora non si comprende dei suoi risvolti. E' il fascino che emerge dalla percezione di una complessità, e dall'ansia di voler piegare questa complessità alla comprensione. Una comprensione che torni utile per decodificare il mondo e la realtà in cui viviamo.] La termodinamica, dicevo: il secondo principio non afferma che è impossibile che mettendo una pentola d'acqua sui fornelli l'acqua al suo interno congeli. Il secondo principio (sia lode a Lord Kelvin, a Clausius, a Nernst, a Maxwell e a tutti gli scienziati che hanno contribuito alla sua comprensione e formulazione) afferma semplicemente che è altamente improbabile. E nessuno, men che meno la scienza, vi vieta di sedervi davanti alla pentola e attendere, attendere, attendere pazienti - milioni, miliardi, miliardi di miliardi di anni - finché la pentola congelerà sui fornelli, cedendo calore al fuoco anziché assorbirne. E' un evento possibile, ma statisticamente improbabile al punto che non ho mai ancora conosciuto nessuno che abbia avuto il coraggio di sostenere di avervi assistito.

Decodificare è quello che ha sempre cercato di fare la scienza. E questo è un altro punto che la distingue categoricamente da qualsiasi divagazione mistica o sovrannaturale sulla vita, l'universo e tutto il resto: la scienza vuole decodificare, semplificare, laddove le dottrine mistico-esoteriche tendono ad avvolgere il tutto nelle nebbie dell'incertezza, in una vaghezza che non spiega ma che lascia solo spazio all'interpretazione. Ovviamente, anche il metodo sperimentale si basa sull'interpretazione (è l'interpretazione di un fenomeno a condurre al tentativo di spiegazione dell'ipotesi) ma ha l'onestà di non giudicare mai acquisito un risultato, neppure quando appare certo e incontrovertibile ai più. Laddove mi sembra che la religione e le fedi (di qualsiasi matrice esse siano, vaticane o meno) trattano l'interpretazione come una licenza di diritto, la scienza se ne serve per il beneficio del dubbio. Dopo aver condiviso un risultato, quel risultato viene giudicato vero fino a prova contraria. Niente, nella scienza, è assolutamente vero o vero a prescindere.

Gli assoluti esistono solo nella matematica e nelle religioni. Ma nessuno mi ha ancora convinto della fondatezza di un'ipotesi senza portarmi una dimostrazione. Alle affermazioni indimostrabili io dò un nome. E il nome della disciplina che se ne occupa non è scienza.

Quindi, per prima cosa quando si affrontano discussioni simili, dovremmo tutti avere ben chiaro in testa di cos'è che stiamo discutendo.
Dubbiosamente vostro,
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Re: Dov'è l'errore?

Messaggioda Antares666 » martedì 25 novembre 2008, 23:36

Non vorrei sembrare troppo critico, ma mi è caduto l'occhio su un'affermazione dall'ontologia contraddittoria:
"Gli assoluti esistono solo nella matematica e nelle religioni."
E su cosa sarebbe mai fondata la Scienza se non sulla matematica?
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Re: Dov'è l'errore?

Messaggioda Antares666 » martedì 25 novembre 2008, 23:39

Nessuno metterebbe in dubbio la validità del metodo scientifico per quanto concerne il calcolo della traiettoria di un satellite, etc.
Ma se parliamo di autocoscienza, ad esempio, non lo possiamo applicare.
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Re: Dov'è l'errore?

Messaggioda zoon » mercoledì 26 novembre 2008, 0:40

A questo punto, una precisazione. Il principio di Heinsenberg da cui tutta la discussione si è evoluta, ovvero che la misura condiziona inevitabilmente il suo risultato, è valido sulla scala microscopica dei quanti, ma perde validità con il passaggio ai sistemi macroscopici. Questo perché i sistemi macroscopici presentano proprietà emergenti che possono essere descritti ricorrendo alle variabili giuste, laddove nel caso della meccanica quantistica occorreva affidarsi a termini probabilistici. Sicuramente questa apparente inconciliabilità tra le due scale, l'infinitamente piccolo e l'infinitamente grande, è un'evidenza dei limiti che tuttora affliggono la nostra comprensione del mondo.

era questa la risposta che cercavo all'inizio del thread, e credo che possa almeno per ora bastarmi. la discussione rimane, cmq e ovviamente, aperta a nuovi sviluppi, riflessioni; non è escluso che ritorni con un nuovo quesito dopo averci ragionato sopra. grazie, giovanni; grazie a tutti... :)
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Re: Dov'è l'errore?

Messaggioda X » mercoledì 26 novembre 2008, 11:52

Antares666 ha scritto:Non vorrei sembrare troppo critico, ma mi è caduto l'occhio su un'affermazione dall'ontologia contraddittoria:
"Gli assoluti esistono solo nella matematica e nelle religioni."
E su cosa sarebbe mai fondata la Scienza se non sulla matematica?


Marco, non c'è nessuna contraddizione ontologica o di altra natura. La scienza è l'interpretazione matematica del mondo in cui viviamo.

L'oggetto è la natura.
Lo strumento è la matematica, che fornisce la base quantitativa necessaria per qualsiasi tentativo di modellizzazione della natura.

Lo strumento è al servizio del metodo scientifico, ma i modelli sono inevitabilmente delle approssimazioni. Per quanto precisi, non annulleranno mai l'errore. L'impossibilità di tradurre in un modello infallibile un processo è pari all'impossibilità di saltare dal mondo concreto all'universo astratto.

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