Prima di tutto ringrazio Logos per l’attenzione.
Ovviamente ti prego di partire dal presupposto che queste sono le primissime volte in cui tento un approccio attivo a temi postmoderni o affini.
Questa sarebbe una sorta di analisi del testo.
Ho tentato di dare voce alle mie sensazioni in maniera spontanea. Ottuso in uno stato febbrile, la prima definizione che ho ‘pensato’ per descrivere il sottile fischio che percepivo nelle orecchie -(…tra martello e incudine) - è stato – "incolori note" - in quanto alla loro ‘piattezza’.
‘Piattezza’ che non precludeva la conseguenza di un forte fastidio, di un forte mal di testa, reso con il – (fracassano le scie neuroniche) –, in uno status febbrile generale - (mentre i drappi epidermici fondono in un frenetico bollore) - . In quei momenti la mente viaggiava tra pensieri in stato di veglia e quasi-sonno. Proprio in quegli istanti ho creduto di provare delle sensazioni assimilabili agli stati allucinatori o semi-allucinatori presenti in numerose letture del genere, da Ballard a Dick( naturalmente con le oggettive differenze
). La parola più efficace che ho 'pensato' per descrivere tali sensazioni è stata appunto – "cyberfrangenza" -.
I termini utilizzati non volevano essere un ‘affronto’ agli eventuali termini definibili in possesso di ‘valenza poetica’ ma solo li ho trovati efficaci a descrivere le sensazioni che provavo.
A posteriori avrei azzardato io stesso una critica alla potenza evocativa del testo nel suo insieme, ma ho deciso di sottoporla alla vostra lettura in quanto in me suscitava sensazioni davvero assimilabili agli stati febbrili, e dunque la trovavo interessante o almeno, come hai simpaticamente detto tu, piacevole.
Constatando la comune passione per Strand, concluderei con due battute
:
Se un uomo capisce una poesia,
avrà dei problemi.
Se un uomo si vanta delle sue poesie,
verrà amato dagli stolti.