Eresia Connettivista?

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Eresia Connettivista?

Messaggioda Logos » martedì 10 aprile 2007, 22:15

Ciao Ragazzi,

mi permetto una piccola riflessione che nasce dal mio tremendo spirito critico e perdonatemi se nelle righe che seguono vi sembrerò un po' eretico.. d'altronde lo sapete, condivido con il buon Antares una passione sfrenata per l'Eresia Catara... :)

Uno degli autori che spesso vengono citati come padri precursori della filosofia connettivista, una sorta di capitano della Mayflower, è Vernor Vinge.

Ebbene, ammetto che non conoscevo nulla di questo autore, non lo avevo mai sentito né mai letto nulla...

Allora da buon bibliofago mi sono messo alla ricerca e ho messo le mani su "Universo Incostante", che, se non dico una stupidata, ha vinto il premio Hugo.

Vi lascio una breve trama presa da IBS prima di dire la mia..

Nella zona trascendente della nostra galassia, là dove l'universo può raggiungere uno stato di auto-consapevolezza attraverso i Poteri, una civiltà interstellare scopre un pianeta in cui si cela non soltanto un bagaglio illimitato di conoscenze, ma anche una perversa entità, che attende da milioni di anni di essere riattivata per scatenare il suo potere distruttivo.

Ebbene, sarò breve: ho trovato questo libro semplicemente brutto. A parte un paio di trovate interessanti (le leggi dell'universo stratificate e gli aggruppi) il libro è un polpettone di pura narrativa di oltre 600 pagine, dove l'unico intento dell'Autore è quello di mettere nero su bianco parole, appesantire il libro (in USA i libri vengono comprati dagli editori a peso..), semplici fatti che si ripetono e si accatastano l’uno sull’altro.

Non vi è l'intento da parte dell'autore di dire qualcosa, e di celarlo dietro il manto della narrazione d'intrattenimento, qui vi è solo un'accozzaglia di azioni, psudoavventurose che si ripetono, a volte senza neppure un'effettiva utilità all'interno della trama.

Se in Van Vogt questo era un pregio e ciò che lo rendeva (e lo rende) unico.. penso ai “Ribelli dei 50 soli”, qui Vinge è semplicemente ripetitivo, stanco e stancante ma soprattutto senza scopo.

Spero che questo libro di Vinge sia una specie di pecora nera in una produzione ottima, ma Universo Incostante è un pessimo libro…

Io che sono cresciuto leggendo di astronavi ho trovato questo libro inutile... Per me la fantascienza non può essere pura narrativa, essa è un PRETESTO, una scusa per dire qualcosa celandolo.. Immaginate Dick, Ballard, Bradbury e un'infinità di altri autori, in essa la fantascienza è solo pura potenzialità espressiva di dire un pensiero, una riflessione, di raccontare un'osservazione del reale e, nei fatti raccontati, esemplificarla.

Secondo il mio modesto parere è questa la direzione verso cui dovrebbe muovere la fantascienza, almeno la nostra fantascienza, noi che abbiamo alzato il vessillo della suo potere predittivo.

Terminato universo incostante, sono stato chiamato da un libro di Pontiggia, Giocatore Invisibile: un tranquillo professore di Filologia Greca, viene attaccato sulla rivista di settore (La parola degli antichi) da un anonimo lettore, che lo accusa di aver sbagliato l'etimologia della parola Ipocrisia in un precedente saggio. Questa semplice lettera, cattiva ma non certo straordinaria, destabilizza il mondo, la realtà del professore che cade in un lento vortice di paranoia, terrore, sospetto, sino al finale, in cui si rivela tutta l'ipocrisia (grande qui Pontiggia!) della sua vita.
Sullo sfondo una Milano diafana e irreale..

Ebbene, qui l'Eresia.. è molto più connettivista (almeno per il mio modo di vedere il Movimento) questo libro di Pontiggia che non quello di Vinge.

Ora mi predispongo alle critiche.. :D

Buona serata.

Logos
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Messaggioda zoon » mercoledì 11 aprile 2007, 11:32

per dire qualcosa d'interessante dovrei aver letto entrambi i lavori che segnali: su vinge credo possa risponderti al volo X, ma pontiggia non so... cercherò di procurarmelo.

ce ne fossero di spunti così critici, caro logos :)

cerchiamo di vederci venerdì sera dai...
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Re: Eresia Connettivista?

Messaggioda X » giovedì 12 aprile 2007, 14:57

Logos ha scritto:Ebbene, sarò breve: ho trovato questo libro semplicemente brutto. A parte un paio di trovate interessanti (le leggi dell'universo stratificate e gli aggruppi) il libro è un polpettone di pura narrativa di oltre 600 pagine, dove l'unico intento dell'Autore è quello di mettere nero su bianco parole, appesantire il libro (in USA i libri vengono comprati dagli editori a peso..), semplici fatti che si ripetono e si accatastano l’uno sull’altro.

Non vi è l'intento da parte dell'autore di dire qualcosa, e di celarlo dietro il manto della narrazione d'intrattenimento, qui vi è solo un'accozzaglia di azioni, psudoavventurose che si ripetono, a volte senza neppure un'effettiva utilità all'interno della trama.


Beh, io non sarei così drastico. Per me è un gran bel romanzo. E anzi le parti che lo rallentano di più sono proprio quelle dedicati agli aggruppi, almeno all'inizio, quando ancora non sei entrato nella logica delle loro azioni e il loro mondo sembra quasi un contesto da fantasy.

Se in Van Vogt questo era un pregio e ciò che lo rendeva (e lo rende) unico.. penso ai “Ribelli dei 50 soli”, qui Vinge è semplicemente ripetitivo, stanco e stancante ma soprattutto senza scopo.

Spero che questo libro di Vinge sia una specie di pecora nera in una produzione ottima, ma Universo Incostante è un pessimo libro…


Io invece l'ho trovato una scorribanda folle attraverso lo spazio e il tempo, con invenzioni assolutamente geniali come gli aggruppi, le Potenze degenerate in Perversioni di Terza Classe, le società post-umane e aliene sempre più frazionate, e idee scientifiche e tecnologiche ammirevoli (l'incostanza della galassia, i transcevitori, l'informazione usata come moneta di scambio).

Io che sono cresciuto leggendo di astronavi ho trovato questo libro inutile... Per me la fantascienza non può essere pura narrativa, essa è un PRETESTO, una scusa per dire qualcosa celandolo.. Immaginate Dick, Ballard, Bradbury e un'infinità di altri autori, in essa la fantascienza è solo pura potenzialità espressiva di dire un pensiero, una riflessione, di raccontare un'osservazione del reale e, nei fatti raccontati, esemplificarla.

Secondo il mio modesto parere è questa la direzione verso cui dovrebbe muovere la fantascienza, almeno la nostra fantascienza, noi che abbiamo alzato il vessillo della suo potere predittivo.


La fantascienza è bella soprattutto quando ha una storia da raccontare e lo scrittore trova la via giusta per farlo. Ci sono riusciti - non sempre, a dire il vero - tutti gli autori che citi. Dick più di tutti a mio avviso. Ma alla decima iterazione anche lo sperimentalismo di Ballard, così affascinante in un primo tempo, si riduce a un guscio vuoto. Vinge mi sembra rifarsi alla scuola di Van Vogt e Delany: non per la space opera, ma per il gusto di narrare una storia. Cosa che nemmeno a Dick riusciva sempre.

Per me è questa la strada da seguire... :wink: Avere una bella storia da raccontare e farlo al meglio, sfruttando fino in fondo le capacità espressive e immaginifiche concesse dalla prospettiva fantascientifica. Senza una storia, puoi essere un grande scrittore e riuscirne a cavare un gioiello, ma puoi avere successo una sola volta, già alla seconda il lettore comincia a essere stanco e subodorare l'inganno. Questo sembra averlo capito anche Ballard, da qualche tempo a questa parte. :roll:

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Messaggioda Logos » giovedì 12 aprile 2007, 15:25

Ciao Giovanni,

aspettavo la tua risposta... Avevo bisogno del tuo parere per inquadrare meglio un libro che ammetto di aver fatto fatica a finire..

Come dicevo, forse sono un po' l'eretico del Connettivismo.. :D

Ne parliamo meglio davanti alla Weis che aiuta la riflessione.. :shock: :?

A presto

Logos

ps
Ovviamente, non sono molto d'accordo con la narrazione pura, fine a sè stessa, narrare per me è sempre un pretesto per dire altro. Un po' lo stesso meccanismo di costruzione del sogno spiegato da Freud.. contenuto latente e manifesto...
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Messaggioda Darkyo » venerdì 13 aprile 2007, 13:40

Io non ho mai letto Universo incostante... Lo vedo ogni volta alla Feltrinelli di Bari in una vecchia edizione della Nord (costa un botto di soldi, così alla fine preferisco altro). Mi avete messo addosso una curiosità pazzesca parlando di "aggruppi", "Perversioni di Terza Classe" e "transcevitori"... spero di trovarlo usato su internet e di leggerlo al più presto!

Per quanto riguarda la funzione della fantascienza - mi sembra che di questo si voglia parlare - io non credo che sia soltanto predittiva. Innanzitutto va riconosciuto il carattere di letteratura di genere della fs, si tratta di narrativa, si tratta di "raccontare una storia". Scrivere un romanzo fatto di immagini poetiche, sensazioni stranianti, descrizioni oscure e imponderabili, seppure geniali e illuminanti, non credo sia il veicolo giusto per portare un messaggio.
La predittività della fs (che è solo un aspetto della fs e neanche a mio avviso il più importante) deve essere accompagnata dal racconto, che poi è il nostro racconto (di chi scrive e di chi legge), solo così può essere capita e apprezzata in tutti i suoi risvolti.

Un romanzo di fs deve essere anche un buon romanzo, deve quindi combinare la speculazione fantascientifica (l'idea, l'immaginifico dell'autore) con la narrazione (la storia in cui chi legge deve identificarsi, assolutamente irrinunciabile) e un contenuto, un messaggio (che molto spesso è latente e oltre la percezione dello stesso scrittore).
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Messaggioda Ro » venerdì 13 aprile 2007, 15:10

Io la penso un po' diversamente da Logos circa la funzione della fantascienza. Un racconto e un romanzo sono anzitutto degli strumenti per raccontare una storia: il messaggio (eventualmente) arriva in un secondo momento, ma prestando attenzione a non ribaltare le gerarchie.
A mio avviso, infatti, è il messaggio che dev'essere funzionale alla storia e non viceversa.
Altrimenti si ha come risultato una predica moralista e bacchettona, oppure una mera propaganda politica alla Poul Anderson.
Per quanto mi riguarda, non cerco lezioni di etica da parte di una storia di fantascienza; inoltre, se proprio la narrazione dev'essere incernierata su questioni di carattere etico, preferisco che ponga problemi anziché indicare soluzioni (a tal proposito, mi viene in mente lo splendido racconto "Il paese della gentilezza" di Damon Knight).
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Messaggioda Darkyo » venerdì 13 aprile 2007, 17:13

Ro ha scritto:se proprio la narrazione dev'essere incernierata su questioni di carattere etico, preferisco che ponga problemi anziché indicare soluzioni.


Secondo me è questa la funzione della sf: porre problemi e domande, far riflettere sul presente, parlare dell'uomo di oggi narrando dell'uomo di domani, utilizzando l'immaginazione (e un pizzico di originalità) ma sempre condita con una buona dosa di ironia (la fs non si deve prendere troppo sul serio! :lol: )
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Messaggioda zoon » venerdì 13 aprile 2007, 17:23

sugggerire immagini, anche. apparentemente vuote, a se stanti, capaci di evocare un universo che non sia solo rappresentazione della condizione umana...
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Messaggioda Logos » lunedì 16 aprile 2007, 9:48

Ciao carissimi,

mi permetto una piccola precisazione in modo da alimentare questo piacevole dibattito.

Sono con voi convinto che la SF debba essere prima di tutto e fondamentalmente narrazione, e perchè no?, intrattenimento. La stessa forma del romanzo impone delle regole che lo differenziano dal saggio. Tuttavia (il rimanzo di Vinge era davvero esemplare in questo) vi sono testi in cui la narrazione diventa ridondante, un'accozzaglia di fatti ripetuti che lasciano nel lettore un senso di disorientamento.

Per me (ed è davvero la mia personalissima opinione) la SF ha in sè un potere enorme che solo a volte è stato sfruttato, ovvero la capacità di descrizione critica (a volte cinica) della realtà, della società, dell'uomo sfruttando un meccanismo narrativo suo proprio: la trasposizione delle vicende nel futuro. Questa trasposizione consente di giocare con gli aspetti della realtà, muovendoli a proprio piacimento sulla scacchiera della fantasia.

Non penso che la fantascienza debba dare risposte (moralistiche), sono laureato in filosofia, è nel mio dna culturale il fatto che vi siano solo domande e riflessione critica ma mai (ahime!) risposte.

Io credo che la SF (e qui concludo) debba essere sempre un'occasione per interrogarsi, per guardare criticamente e, nel farlo, per dire qualcosa. (ogni osservazione non è mai asettica ma porta sempre con sè gli occhi di chi osserva, Malinowsky docet).

Grazie del bel dibattito a tutti voi.

Logos.
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