La specificità letteraria del cambiamento

di Connettivisti, 27/05/2008

Alcune considerazioni intorno al New Italian Epic e alla letteratura dei tempi che corrono, con tracce di connettivismo.

Viviamo tempi cupi. Anche se forse “i bei tempi non ci sono mai stati” (cosa che Nessuno riusciva a mettersi in testa quando Jack Bauregard cercava di spiegarglielo), la sensazione del peggioramento è acuita dall’accelerazione degli eventi. Perché viviamo sì tempi bui, ma si tratta anche di tempi veloci, sempre più veloci.

La rincorsa degli eventi viaggia ormai su ritmi tanto elevati da sfuggire quasi alla nostra percezione. Con i sensi annebbiati e confusi, la comprensione si fa vaga, difficoltosa. Per reazione istintiva, emerge l’impressione ingannevole di essere invece cristallizzati in un fotogramma immobile. E qualcuno vorrebbe magari darcela ancora a bere, insieme alla favola della fine della storia [1]. Niente di più sbagliato. Niente di più rischioso: il film rischia di terminare prima che allo spettatore sia concesso di cogliere la chiave giusta per leggerne l’epilogo e, a quel punto, sarà troppo tardi per azzardare anche solo un tentativo di risposta all’estinzione.

I continui progressi della rete hanno trasformato in realtà il sogno nudo del cyberspazio, il suo tempo sempre più reale ci lascia ormai sfiorare la simultaneità e, con essa, l’ubiquità. Ma il potenziale sovvertimento relativistico delle vecchie categorie annega nel rumore di fondo dell’informazione diluita, del commento eterodiretto, della critica addomesticata. Come nuova frontiera globale, l’infosfera risulta aperta all’innovazione, alla sperimentazione, sedotta dall’audacia creativa, ma resta al centro delle brame dell’ancien régime che si sforza di applicarvi le stesse regole del mondo-lento. Tutto quello che esula dallo schema è tagliato fuori dal circuito, oggi come ai “bei tempi” che ci piacerebbe ricordare. La differenza è che al giorno d’oggi l’accessibilità ai circuiti alternativi garantisce un’esposizione senza precedenti. Di conseguenza risulta agevolata l’aggregazione di nuclei di pensiero attorno alle intuizioni seminali lanciate alla deriva nell’oceano elettronico e, con essa, è facilitata l’emersione di nuove forme forti. È un esperimento di darwinismo culturale, parafrasando William Gibson [2], fatto scorrere con il dito premuto sul tasto dell’avanti veloce. Nuove forme si aggregano, molte scompaiono nel volgere di qualche iterazione, altre sopravvivono. Se non si tratta di forme vincenti, dalla fucina di strategie evolutive a nostra disposizione possiamo quantomeno confidare di estrarre quelle più adatte ai tempi, e su quelle lavorare per successivi affinamenti.

Ed eccoci tornati al tema del tempo. Il tempo reale della rete sempre più pervasiva, che presto potrebbe diventare davvero ubiqua [3]. Il tempo modulabile della relatività einsteniana. Entità che Sant’Agostino sapeva bene cosa fosse, pur ammettendo di non saperlo spiegare; che la scienza ha messo in relazione all’evoluzione (in biologia) o al decadimento entropico (in fisica), ma sempre al mutamento; entità trasmutata nell’idealismo romantico da genius seculi in Zeitgeist e quindi confluita nell’accezione comune. Ogni lavoro, come ogni uomo, è figlio del suo tempo. Ne esprime i caratteri, magari anche involontariamente; ne riproduce i difetti, magari cercando di trascenderli; e talvolta coglie nella sensibilità di quell’epoca i semi che produrranno frutti marci o maturi in quella successiva.

Il nostro Zeitgeist, lo spirito dei nostri tempi, ne riflette la frenesia, la velocità, l’accelerazione. E siccome il cambiamento gioca un ruolo centrale nella letteratura, al punto che potremmo considerare come nucleo stesso della narrazione il concetto di transizione (mutamento che può coinvolgere di volta in volta, a seconda dei casi, i personaggi, il loro ambiente, o l’insieme dei fattori umani e ambientali), attraversiamo anche tempi particolarmente “favorevoli” alla loro trattazione letteraria.

Viviamo già i cambiamenti, sperimentandone gli effetti sulla nostra pelle giorno dopo giorno. Sul piano degli affari internazionali, la calma di superficie – con l’America infangata nel (temporaneamente) duplice fronte della guerra al terrorismo, la Cina apparentemente ammansita dall’ammissione nel mercato globale, l’assestamento delle istituzioni russe dopo il passaggio di consegne dallo Zar al suo maggiordomo, il Medio Oriente in fissione (apparentemente) controllata – nasconde una certa agitazione di fondo, movimenti che occasionalmente accendono segnali di allerta sul nostro ecoscandaglio di profondità. Sui piani economico e culturale, l’egemonia dell’Occidente potrebbe essere prossima a soccombere. Potremmo essere già entrati negli Ultimi Giorni, senza che nessuno si sia dato la pena di annunciarcelo.

Il Cambiamento incarna lo Spirito di questa epoca, in qualsiasi direzione si scruti l’orizzonte. E, pur con le dovute sfumature, la sua portata non scende mai sotto la soglia critica che potrebbe consentirci di abbassare la guardia. Non possiamo più illuderci che il fronte sia lontano, come giustamente rimarca Wu Ming 1 nel suo saggio-manifesto del New Italian Epic [4]. Siamo parte dell’ingranaggio, osservatori che interferiscono con il loro oggetto di studio come accadrebbe in un esperimento sulle proprietà quantistiche della materia. La rete è il tessuto connettivo che oggi permette un nuovo patto telepatico tra scrittore e lettore, ammettendoli su un piano paritetico che li vede entrambi partecipi nel processo di mitopoiesi, nei panni di operatori dell’immaginario. In questo la sensibilità emergente tradisce il suo forte debito verso le manifestazioni più alte e concrete del postmodernismo, già orientate a cartografare la mitologia del Novecento e rinsaldare il patto di fiducia e coinvolgimento con il destinatario dell’opera [5].

Facendo riferimento più che al saggio di Wu Ming 1 al dibattito che ne sta seguendo [6], ci preme richiamare l’attenzione su un punto tutt’altro che irrilevante: non vediamo una frattura vera e propria con i postmoderni, ma i mutamenti occorsi nel frattempo al mondo (lo stesso mondo che le loro sferzate caustiche o brillanti non hanno saputo “correggere”) impongono senz’altro di aggiustare la mira, rivedendo il paradigma concettuale per aggiornarlo ai tempi nuovi. È giusto prendere posizione contro la fuga dalle responsabilità autoriali, ma confidiamo che l’interessante dibattito aperto da Wu Ming 1 non diventi pretesto per una crociata contro il postmodernismo tout court, senza fare le dovute distinzioni.

Piuttosto, si parta proprio da qui per impostare la rotta del futuro, perché occorre giocare di anticipo e sfruttare ogni margine di manovra, e per questo possiamo fare tesoro dell’esperienza maturata nel corso della seconda metà del Novecento. Per questo è importante escogitare nuovi impieghi per gli strumenti comuni, a disposizione di tutti; per questo è fondamentale estendere il dominio della lotta, portando lo scontro sul terreno mutevole, volatile, fluido della rete e dei nuovi mezzi di comunicazione. Serve un ritorno massiccio alla letteratura militante, fatta di impegno civile, di sfide intellettuali, di ambizioni avanguardistiche.

È un confronto contro il tempo e contro i tempi che i connettivisti [7] hanno di fatto accettato fin dalla loro costituzione, ponendo al centro della loro opera il tentativo estremo di riportare il futuro tra le priorità dei loro interessi, servendosi della luce riflessa della fantascienza per indagare meglio il nostro mondo contemporaneo e scrutare tra le pieghe del reale, laddove questo si compenetra con l’immaginario.

Il Connettivismo è sempre stato aperto alle commistioni, agli sperimentalismi, alle ibridazioni. E, qualità altrettanto importante, si è configurato fin dagli esordi come un movimento open source. E adesso assistiamo con soddisfazione alla stessa sfida rilanciata dal New Italian Epic, a un livello tanto più alto quale compete a una sensibilità diffusa che trascende i confini di genere o le piccole nicchie autarchiche. Frammentare e unire, capire, mettere il relazione le cose. Anche noi abbiamo “fiducia nel potere maieutico della parola, e nella sua capacità di stabilire legami (lēgere)” [8].

E ce n’è un gran bisogno, di questi tempi. Non a caso il saggio New Italian Epic inquadra un periodo, 1993-2008, in cui siamo scivolati senza interruzione alcuna dal miraggio della rinascita della Repubblica alla distopia di una dittatura bianca, un regime morbido, senza scossoni. E, viste le premesse, ci siamo allegramente lanciati su un tappeto di tubi catodici verso un 2013 in cui nessuno si meraviglierebbe se ci scoprissimo a scattare un’istantanea a un nuovo Ventennio.

Tornando ai comuni intenti, le premesse per riuscire ci sono tutte. Per questo vogliamo concludere questa riflessione con un auspicio. Il virus della dissidenza dovrà contagiare il panorama letterario pompando nuova linfa lungo le sue dorsali elettroniche, e l’aggregazione dei fronti dovrà spingersi fino a innescare la supernova finale.

A quel punto, quando l’onda della deflagrazione investirà le macerie del passato, sarà troppo tardi per qualsiasi tentativo di Restaurazione. E potremo cominciare a pensare al fronte successivo.

(Giovanni De Matteo e Fernando Fazzari)

[1] Francis Fukuyama, politologo statunitense, già collaboratore della Rand Corporation, teorizzatore del neoconservatorismo e membro del Project for the New American Century.
[2] Cfr. Neuromancer (1984, in Italia Neuromante, ed. Nord e Mondadori), opera-chiave nella storia della fantascienza e nella letteratura del Novecento. “Night City was like a deranged experiment in social Darwinism, designed by a bored researcher who kept one thumb permanently on the fast-forward button”.
[3] Cfr. u-Japan: sempre on-line, nel mondo integrato su Next-Station.org.
[4] Richiamando un passaggio della premessa al romanzo 54, Wu Ming (2002): New Italian Epic. Memorandum 1993-2008: narrativa, sguardo obliquo, ritorno al futuro.
[5] Pensiamo in particolare a William S. Burroughs (Pasto nudo e Trilogia Nova), Thomas Pynchon (V., L’incanto del lotto 49, L’arcobaleno della gravità, i racconti del Lento apprendistato), Kurt Vonnegut (Mattatoio n. 5 e Ghiaccio Nove), James G. Ballard (La mostra delle atrocità), Samuel R. Delany (Babel 17, Nova, La Ballata di Beta-2, Stella Imperiale, Triton, Dhalgren).
[6] Si veda l’archivio in continuo aggiornamento di Carmilla on Line.
[7] Movimento letterario nato in seno alla fantascienza italiana. Per maggiori informazioni si veda la relativa voce su Wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Connettivismo) o si visiti il sito www.next-station.org. Un documento programmatico già apparso in rete (e ripreso da Fantascienza.com) è stato tradotto anche in spagnolo per la rivista argentina Nueva Sinergia (Nuove prospettive per la fantascienza del futuro, 2006).
[8] Wu Ming 1, New Italian Epic, pag. 5

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