>Articoli | Fantascienza
James G. Ballard e l’algebra del cielo interno

Una rilettura della Mostra delle Atrocità, il romanzo che ha sovvertito le regole della fantascienza, alla luce della sua trasposizione cinematografica - a cura di Giovanni De Matteo e Fernando Fazzari

James G. Ballard è stato il più grande rivoluzionario nella storia della fantascienza pre-cyberpunk, e lo stesso cyberpunk ha un grosso debito di riconoscenza verso le sue folgoranti intuizioni. A lui dobbiamo il cataclisma concettuale che all’improvviso invertì la scala di priorità e di conseguenza le prospettive del genere, declinando il paradigma dell’inner space – lo spazio interno della tenebra psichica, in contrapposizione allo spazio esterno della notte cosmica – e attuando con esso la New Wave, la prima vera rivoluzione copernicana nella storia della fantascienza. D’un tratto, un’intera generazione di autori distolse gli occhi dalle reiterate fantasie di rutilanti scenari interplanetari e si ritrovò a puntare lo sguardo direttamente sulla dimensione umana, nel contesto di un mondo in sempre più rapida evoluzione. Si cominciò a considerare la scrittura come uno strumento per indagare le connessioni con l’immaginario, scavando a fondo nei meandri oscuri della mente.

Alla fisica, alla cosmologia, all’elettronica dell’hard sci-fi, Ballard oppone il dominio delle scienze soft: neurofisiologia, psicologia, sociologia. Non che prima la fantascienza non avesse trovato modo e occasione di confrontarsi con tematiche psicologiche e sociali, ma in Ballard la sfera cognitiva dell’uomo e gli effetti prodotti su di essa dall’impatto della tecnologia e dei nuovi mezzi di comunicazione di massa assumono una valenza centrale.

Nella New Wave è alto il tasso psicanalitico (si pensi a Barry Malzberg o a Philip K. Dick), ma in Ballard la scrittura diventa addirittura uno strumento di autoanalisi, come dimostrano alcune pagine della Mostra delle Atrocità (The Atrocity Exhibition, 1969, rivisto e ampliato nel 1990) che anticipano quello scavo nella storia intima e privata dell’autore che si colloca al centro di opere come L’impero del sole o La gentilezza delle donne. Con Ballard, Samuel R. Delany, Michael Moorcock, M. John Harrison, Robert Silverberg e gli autori di quella generazione, la fantascienza comincia a confrontarsi criticamente e consapevolmente con il potere della scrittura. Le loro intuizioni, in linea con il postmodernismo che in quegli anni sconvolgeva il panorama letterario nordamericano, avrebbero segnato un punto di non ritorno nella storia della fantascienza. In molti devono essersi resi conto che dopo la pubblicazione dei condensed novels di Ballard e soprattutto della Mostra delle Atrocità in cui molti di questi confluiscono, non sarebbe stato più possibile tornare a scrivere fantascienza come si faceva un tempo.

La Mostra delle Atrocità: Iterazione 1 – Il romanzo

Questo è il romanzo a cui Ballard ha più volte dichiarato di tenere maggiormente. È la sua opera più ambiziosa e forse è addirittura l’opera più ambiziosa partorita dal genere. Qui Ballard cerca di “analizzare quello che succede all’interfaccia tra il sistema dei media e il nostro sistema nervoso”, secondo le sue stesse parole, e, parallelamente a Roger Zelazny, opera un processo di ricostruzione della mitologia senza però lasciarsi sedurre dalle tradizioni del passato, ma facendo riferimento unicamente all’immaginario del Novecento. La presenza iconica della macchina gioca un ruolo di primo piano in questo nuovo pantheon e le divinità che calcano la scena hanno le sembianze di James Dean, Jayne Mansfield, Albert Camus, John Fitzgerald Kennedy (tutti nomi legati nel loro destino alla carica iconografica dell’automobile) o di Marilyn Monroe, Elizabeth Taylor, Margaret Thatcher, Ronald Reagan.

Traven/Travis/Talbert/Travers/Talbot, il protagonista del romanzo, la cui frammentazione di personalità si ripercuote sulla struttura stessa del testo, “vuole uccidere di nuovo Kennedy, ma questa volta in un modo che abbia senso” (come diagnostica il capitano Webster alla conturbante Karen Novotny). E proprio come il suo protagonista, nonché alter-ego, Ballard trasmette la sensazione di voler decifrare nelle immagini di forte impatto, nelle reminescenze surrealiste e metafisiche, nelle elencazioni di oggetti composte attraverso libere associazioni e nelle particolareggiate descrizioni di morbide geometrie organiche, lo schema stesso della realtà. Ci troviamo a percorrere le strade invase dalla sabbia di stazioni balneari desolate, a contemplare con gli occhi di T./Ballard letti lunari di fiumi in secca e morene terminali delle emozioni, poligoni di tiro e fortificazioni della Seconda Guerra Mondiale. In attesa della Terza, potratrice della distruzione definitiva attraverso il ricorrente tema dell'esplosione, mentre dalle regioni più esterne dello spazio piove sulla terra la "musica remota di quasar morti". Nella sua indagine, il panorama collassa sul corpo e lo plasma a sua immagine e somiglianza, in una sublimazione dall’esterno all’interiore che è la quintessenza stessa della New Wave. Ma, allo stesso tempo, uno scambio bidirezionale riflette sul paesaggio le mutazioni che coinvolgono la psiche e i corpi: l’urlo lamentoso delle sirene della polizia che inseguono Trabert le trasforma in “icone neuroniche sulle autostrade spinali” e, come commenta lo stesso autore nella sua nota a quel passaggio, il sistema nervoso dei personaggi viene esteriorizzato, “come caso particolare di un più generale rovesciamento fra mondi interni ed esterni”.

Questo rinnovamento introdotto nel punto di vista è l’arma per contrastare “il matrimonio tra ragione e incubo che ha dominato il ventesimo secolo” (secondo le parole usate da Ballard medesimo nell’introduzione all’edizione francese di Crash), e testimonia del suo lucido coraggio nell’imporsi quasi un punto di vista schizofrenico per meglio cogliere l’essenza del reale, del mutamento e dei processi che ne stanno alla base.

Nella sua prefazione alla Mostra delle Atrocità, William S. Burroughs scrive: “La linea di demarcazione tra paesaggio interno e paesaggio esterno è crollata. I terremoti possono essere originati da sconvolgimenti sismici che hanno luogo nella mente umana. L’intero universo randomizzato dell’età postindustriale esplode in frammenti criptici”.

Per mettere su un’analisi, un’introduzione o anche solo un invito alla lettura alla Mostra delle Atrocità, ci vorrebbe un’ulteriore libro, tanta è la massa di argomenti e spunti condensata nelle sue pagine (lo confermano per altro il volume delle note che lo stesso Ballard ha voluto inserire nel testo, per guidare il lettore in questo “labirinto neurale”).

Proviamoci lo stesso, cercando di mettere a fuoco i punti salienti.

1.1 Atto di nascita

Il libro è una raccolta di romanzi condensati (condesed novels) che James G. Ballard scrisse negli anni Sessanta, aventi per protagonista sempre lo stesso personaggio – anche se con nomi diversi – e incentrati sull’atmosfera generale e i grandi eventi di quegli anni (viene spontaneo parlare di Zeitgeist): la Guerra Fredda, lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa, la sovraesposizione mediatica e la diffusione delle sue icone, morti eccellenti come quelle Marilyn Monroe e John Fitzgerald Kennedy, e tragedie catodiche come la guerra in Vietnam o psichiche come il declino del programma Apollo.

La prima edizione inglese della Mostra delle Atrocità risale al 1969, data che risentiva dell’affermazione della controcultura e della Pop Art (Ballard ne frequentò gli ambienti inglesi), ma soprattutto anno dell’allunaggio di Neil Armstrong, evento che definitivamente suggellò nel suo culmine la fine del sogno spaziale, divenuto realtà.

Romanzo innovativo, ribelle, controverso e scandaloso, non ebbe una vita editoriale facile, tant’è che negli USA la sua prima edizione (dal titolo Love & Napalm) fu ritirata dal mercato. Ma La Mostra delle Atrocità sarebbe poi ricomparsa parecchi anni dopo, nel 1990, nell’edizione della Re/Search di San Francisco, illustrata e ampliata, base per la traduzione italiana di Antonio Caronia (Feltrinelli, 2001).

1.2 Il Modello Esploso

William S. Burroughs parla della Mostra delle Atrocità come un “libro esplosivo”; di più, sfruttando un’immagine che viene dall’anatomia, e quindi potenzialmente cara a Ballard, possiamo dire che il romanzo è come un “modello esploso” di scheletro o tessuto umano, e questa ipotesi trova riscontro in tre aspetti dell’opera: le tematiche affrontate, l’inedita caratterizzazione del protagonista e, infine, la struttura e lo stile.

Tematiche: il Corpo è il Paesaggio. Fra i temi salienti del libro c’è quello del Corpo e della ridefinizione dei suoi rapporti con il mondo esterno.
Un corpo esploso, appunto, talmente ingrandito e sgranato che diventa esso stesso landscape, paesaggio, sfondo alla rappresentazione della nevrosi del protagonista, in una Terza Guerra Mondiale che nel 1969 già era scoppiata nell’immaginario collettivo. Un corpo studiato, anatomizzato, visto e descritto in decine di fotogrammi erotici e pornografici, un luogo di carne esploso. Spesso nella lettura ci troviamo di fronte a paesaggi inattesi, spazi in cui i mondi esterni si confondono con i mondi interni.
Nell’introduzione all’edizione francese di Crash del 1974 (per molti versi un libro figlio della Mostra delle Atrocità), Ballard ribalta il concetto di futuro e della letteratura che da sempre si è occupata di esso, fuori dalla solita logica riduttiva de “il futuro è già qui”. Il suo è un rovesciamento radicale dei punti di vista e della realtà, che consente per esempio di rileggere 2001: Odissea nello spazio come “un romanzo storico alla rovescia”:

Il futuro sta cessando di esistere, divorato dall’onnivoro presente, facendone una delle molteplici alternative a noi offerte. […] Si è verificato un profondo mutamento nel rapporto fra invenzione narrativa e realtà, nel senso di un sempre maggiore scambio di ruoli tra esse. Viviamo in un mondo governato da fantasie di ogni specie: promozione di prodotti di massa, pubblicità, politica esercitata come una branca della pubblicità, volgarizzazione immediata della scienza e tecnologia in immagini popolari, confusione e fusione di identità nel settore dei beni di consumo, svuotamento di ogni libera e originale risposta immaginativa all’esperienza da parte della televisione. Viviamo insomma all’interno di un enorme romanzo”.

La Mostra delle Atrocità è il libro della società post-industriale con tutti i suoi totem di falsa e rassicurante positività. Il nostro positivismo occidentale altro non è che controllo, e questo non può sfociare che in rigetto e nevrosi. Questo libro, come poi farà anche Crash, rivendica nel suo ruolo di romanzo di fantascienza d’autore una chiave di lettura del presente: “il metodo più prudente ed efficace per affrontare il mondo che ci circonda è quello di considerarlo un puro e semplice parto fantastico”.
E nella riscrittura del reale, Ballard finisce per stravolgere il rapporto uomo-macchina, operando anche qui con il bisturi dell’inversione paradigmatica. Gli esseri umani vengono descritti come macchine e le macchine come esseri umani. I radiatori di macchine incidentate vengono visti come i veri feriti dello scontro, mentre le azioni dei personaggi si spogliano progressivamente di ogni retaggio dell’antica natura umana. E così i protagonisti si ripetono in gesti ossessivi che nascondono il tormento di una ricerca interiore. La Mostra delle Atrocità alterna erotismo e pornografia, e nel modo in cui viene di volta in volta declinata l’indagine sulla sessualità si compie il miracolo della fusione dell’uomo con la macchina. Un’intuizione che prelude già al Postumanesimo.
L’universo narrativo di Ballard è fantascientifico con un’esemplarità tutta sua: è una catastrofe neurale già in atto.

L’organismo umano è una mostra delle atrocità di cui egli è involontario spettatore”.

Un protagonista dai mille volti. L’altra esplosione paradigmatica è quella che coinvolge il protagonista.
Un personaggio che, come dicevamo, porta un nome diverso per ogni condensed novel originario. Traven/Travis/Talbert/Travers/Talbot appare a turno come un dottore o come un paziente di una clinica psichiatrica (di cui guida e Caronte è il dottor Nathan).
Un individuo frammentato, che cerca disperatamente di dare un senso a tutto quello che gli accade intorno e che ha avuto una forte influenza sulla sua psiche e sulla sua nevrosi. Quasi come un connettivista della prima ora, cerca di mettere in relazione tra loro gli eventi, di rappresentarli per trovare uno schema che ne fornisca un’illuminazione di significato, anche lontanamente morale. Ed è così che lo troviamo alle prese con la ricostruzione degli incidenti d’auto più famosi del secolo, come quelli che coinvolsero come vittime James Dean o Albert Camus, oppure intento a riproporre l’assassinio di JFK, o ancora a scovare, come direbbe Burroughs, “le radici non sessuali della sessualità” nella morte di Marilyn Monroe e nelle relazioni con i personaggi femminili, come ad esempio gli amplessi di Karen Novotny o le geometrie morbide del corpo di sua moglie Margaret.
Traven/Travis/Talbert/Travers/Talbot è fortemente un uomo se non l’Uomo dei nostri tempi, tempi in cui “è quasi impossibile essere se stessi, se non nei termini del mondo che ci circonda”.
A suggello di quest’altra esplosione, non a caso Ballard cita l’astrofisico inglese Arthur Eddington:

Un individuo è un oggetto quadrimensionale di forma molto estesa, nel linguaggio ordinario diciamo che possiede una grande estensione nel tempo e un’estensione insignificante nello spazio”.

Frammenti psicografici. L’ultima esplosione saliente si estrinseca nella struttura stessa del romanzo, che è frammentata, reiterata e tradisce una profondità frattale al di sotto della superficie apparentemente composta dello stile. Antonio Caronia parla di uno stile caratterizzato da una “fredda musicalità”, dovuta per lo più alla fusione lessicale di termini medico-anatomici o psichiatrici con una prosa tutto sommato lineare, differente da altre sperimentazioni d’avanguardia come quelle, per esempio, di Burroughs.
Sempre Caronia individua nella Mostra delle Atrocità come una sorta di pratica dell’ipertesto, fatta di situazioni e azioni ripetute e dislocate nel fluire della narrazione, come ritornelli di una canzone, o meglio come spot pubblicitari indirizzati al nostro inconscio, sempre più assuefatto alla sovraesposizione mediatica, al punto di riscrivere il concetto stesso di celebrità e mutare il rapporto dei totem psichici dello showbiz con il nostro sistema nervoso centrale.
Da qui La Mostra delle Atrocità come modello anatomico esploso di cui, quasi come sotto l’effetto di un magnetismo maligno, risulti impossibile ricomporre i pezzi, atomi del nostro immaginario condiviso.
Ecco, la grandezza e la peculiarità di questo romanzo forse è tutta qui.
Un’autopsia agli animali che si fanno chiamare uomini, spersonalizzati (perché alienati) nel paesaggio mediatico dell’era post-industriale:

... esseri violenti, pericolosi, un po’ psicotici. Non siamo creature ragionevoli, razionali. Certo, poi ci si mette d’accordo su quale lato della strada guidare, questo per non fare incidenti”.

La Mostra delle Atrocità: Iterazione 2 – Il film

La trasposizione cinematografica del libro, realizzata nel 2000 dall’australiano Jonathan Weiss, crediamo che sia l’adattamento più fedele che potesse essere tratto dalle visioni ballardiane nell’ambito di una produzione low budget.

Il film, presentato inizialmente allo Slamdance Festival nel 1999 in una versione provvisoria di 105 minuti, è stato successivamente rivisto dal regista e ridotto agli attuali 90 minuti. In quest’ora e mezza trovano posto alcune delle immagini di maggiore carica emotiva partorite dal genio di Ballard: l’ossessione per il corpo femminile, le muse silenziose, le automobili e le sedute di analisi. Un lavoro davvero encomiabile, per quanto possa risultarne ostica la fruizione. Sapere che si sta assistendo a uno spettacolo raro, considerando che il film non ha mai avuto accesso alla distribuzione nelle sale ed è rimasto un oggetto misterioso prima che la compagnia olandese Reel 23 ne acquisisse i diritti per la distribuzione in DVD, aiuterà forse ad apprezzarne meglio l’estetica underground.

Il film ha i suoi punti di forza nella fotografia di Bud Gardner, che alterna il bianco e nero degli interni nella clinica psichiatrica al colore degli esterni (intercalandoli con immagini di repertorio, tra cui le celeberrime sequenze di Zapruder, l’esplosione del Challenger o filmati video di operazioni di chirurgia estetica), e nella doppia performance di Anna Juvander, nei panni di Karen Novotny e in quelli della musa metafisica (orfana della "vigile trinità" di Coma, Kline e Xero) che insegue T(averner)/Victor Slezack nelle sue peregrinazioni mentali.

Scritto da Weiss in collaborazione con Michael Kirby, il loro lavoro si guadagnò l’apprezzamento di Ballard al punto che fu lo stesso maestro inglese a suggerire agli autori dell’adattamento il prologo che apre la pellicola. Il film, come dicevamo, non ha purtroppo riscontrato la fiducia dei distributori internazionali. Un vero peccato, probabilmente all’origine degli inequivocabili stati di paranoia dimostrati in seguito dal regista nei suoi rapporti con i media.

La Mostra delle Atrocità, oltre che un’attenta lettura, merita una altrettanto vigile visione. Il film è un flusso di immagini che riproduce l’affastellamento di situazioni maniaco-ossessive che costellano il romanzo. E come il romanzo alterna momenti sincopati a parentesi quasi immobili, cristallizzate fuori dal tempo, convergendo verso un finale di estremo fascino che sembra riepilogare alla perfezione il paradigma dello spazio interiore che 46 anni fa cambiò il corso della fantascienza.

Ottime pagine sono state scritte su Ballard da firme illustri: Vittorio Curtoni, Giuseppe Lippi, Antonio Caronia, Lanfranco Fabriani, Emiliano Farinella, Lukha Kremo Baroncinij, tanto per citarne qualcuna. Rimandiamo ai seguenti link per chi avesse voglia di approfondire il discorso:
* Delos Speciale Ballard: visita guidata alla Mostra delle Atrocità
* Intercom: Speciale James Graham Ballard

La traduzione del suo seminale articolo Which way to Inner Space?, apparso sulla rivista “New Worlds” nel 1962, è stata pubblicata online da Intercom: Qual è la strada per lo spazio interiore?

AGGIUNGI UN COMMENTO

Per inserire un commento indica 1) un nome o pseudonimo; 2) inserisci il tuo commento; 3) inserisci la parola che coincide con quella mostrata dall'immagine. Commenti più lunghi di duemila caratteri non saranno accettati.

Nome:

E-mail:

URL:

Commento:

Inserisci la parola: