Il senso della lotta

Mentre questo editoriale viene steso, è la prima domenica di settembre del 2005. Le parole che state leggendo non possono quindi essere immuni dall’attualità, che in questi giorni di rientro dalle vacanze (per molti) o di vacanze ritardatarie (per pochi altri), bombarda senza sosta dagli schermi delle TV e dalle casse delle radio.

Da una settimana l’uragano Katrina ha cancellato dalla faccia della Terra la più bella città degli Stati Uniti d’America. Gli esperti, come spesso accade con i processi caotici dell’atmosfera, sono stati colti di sorpresa per chissà quante volte nell’arco di pochi giorni. Katrina ha percorso avanti e indietro la scala di gravità in cui vengono classificati i fenomeni violenti, ma quando è stato il momento di colpire ha portato con sé morte e distruzione. Il petrolio era ormai schizzato a 70,80 dollari al barile quando l’acqua ha rotto gli argini e New Orleans è stata sommersa. I rifugiati del Superdome, su cui la macchina della prevenzione americana aveva puntato le luci come se si trattasse del fiore all’occhiello di tutta l’organizzazione, sono rimasti intrappolati nell’incubo della mancanza di servizi e di una ancora più preoccupante precarietà igienica. Centinaia di migliaia di sfollati, ancora migliaia di sopravvissuti intrappolati nella città, trasformatasi in un immenso campo di detenzione. Scene che sembrano tratte di peso da 1997: Fuga da New York di John Carpenter, e invece è il 2005, siamo a New Orleans e quello che si vede è la realtà nuda e cruda. Ci sono gli sciacalli che percorrono in branchi le strade semisommerse, ci sono gli agenti della polizia che faticano a tenere sotto controllo una situazione destinata a peggiorare di ora in ora. Finalmente cominciano a vedersi anche gli elicotteri, e non solo per le riprese televisive aeree. I soccorsi sono in arrivo, e c’è un che di biblico in questa storia dove la prima potenza mondiale, un colosso che può permettersi di violare fuori dai propri confini tutte le norme convenute della diplomazia internazionale, è costretta ad accettare sul suo suolo nazionale gli aiuti di nemici della democrazia come l’affamata Corea del Nord e la comunista Cuba. Dopo giorni pesanti di latitanza, anche il presidente condottiero si è fatto vedere sui luoghi del disastro, dispensando abbracci e incoraggiamenti, tutti documentati con attenzione dai media. Bush si è anche affrettato a chiarire che verranno messi in campo settemila soldati dell’esercito con licenza di uccidere in sostegno ai quarantamila già attivi, per porre fine ai saccheggi e ripristinare l’ordine. Per il prosciugamento si parla di un periodo tra i 36 e gli 80 giorni, per la ricostruzione addirittura di anni. La conta delle vittime è ancora tenuta - stranamente - segreta dalle autorità.

Dove invece le cifre vengono snocciolate con precisione maniacale è in Iraq. Proprio in coincidenza con il passaggio di Katrina sulla Louisiana, il Mississippi e l’Alabama, a Baghdad l’ennesimo atto di follia terroristica causava qualcosa come 1000 vittime in un solo evento, in occasione di una delle commemorazioni maggiormente sentite dagli sciiti. Dopo che alcuni colpi di mortaio erano stati sparati sulla folla inerme provocando la morte di 7 persone, tra i convenuti alla moschea è cominciata a circolare la voce della presenza di un kamikaze. E la folla ha reagito come sapeva: con la fuga. Un numero imprecisato di vecchi e bambini è finito calpestato dalla fiumana di uomini impauriti. Quasi mille sono rimasti uccisi nel cedimento di un ponte sul fiume Tigri, nell’ennesimo tragico episodio della tragedia bellica. Se può confortarvi, nei giorni successivi la stima delle vittime delle follie quotidiane è tornato nella media. Una ventina di caduti al giorno negli attentati che scandiscono la giornata di Baghdad, non di più.

Se questo è il mondo in cui voi volevate trovarvi nel 2005, allora significa che siamo stati solo noi a sbagliare i nostri conti. Secondo i nostri calcoli, il nuovo millennio avrebbe dovuto portarci nuove tecnologie energetiche, uno stato di benessere se non generalizzato per lo meno diffuso, la tranquillità di accendere la TV e godersi un buon servizio a copertura di chissà quale prodezza spaziale. A quanto pare, erano tutti sogni, nemmeno poi tanto distanti dalle meraviglie che venivano favoleggiate sul 2000 all’inizio del XX secolo. Il petrolio continua a far girare l’economia (anche se abbondantemente diluito col sangue), l’occidente è in stagflazione (e l’Italia in recessione) e dopo il Columbia anche il Discovery ha i suoi bei problemi tecnici. Dunque eccoci qua, questo è il nostro mondo e, a qualcuno verrebbe di dire, non possiamo farci niente. Ma è davvero così?

Davvero non c’è niente da fare? Davvero le cose sono destinate a restare queste? Siamo proprio condannati al diniego di ogni possibile assoluzione?

Guardando i servizi dedicati alle tragedie summenzionate, nei giorni scorsi, mi sono venute in mente le parole di William S. Burroughs, pronunciate in uno di quegli attimi di lucidità illuminante in cui spesso si risolvevano le sue giornate deliranti e allucinate: "Se si considera il pianeta come un organismo, è ovvio chi sono i suoi nemici. Il loro nome è legione. Dominano e popolano il pianeta". Parole che, sia detto per inciso, ho trovato ampiamente condivisibili.

Siete liberi di credere che da questa associazione sia nata la volontà di dedicare su questa seconda iterazione di NeXT ampio spazio al profeta della beat generation e di tutte le maggiori avanguardie del secondo Novecento (new wave e cyberpunk inclusi). La sola cosa che posso dirvi è che la partecipazione di Burroughs a questo numero, come dimostrano i racconti, era già decisa da qualche tempo. Il suo influsso è innegabile in molte delle letture che abbiamo il piacere di offrirvi per l’autunno. Quazimodo e l’incubo del controllo che dipinge magistralmente nel suo Skinner Box non sono forse profondi debitori della teorizzazione di Burroughs? E, nella stessa misura, non lo è Fernfaz con il suo stupendo Clelia, una discesa nell’incubo lungo i binari dell’ossessione e di una inconsueta forma di dipendenza? E che dire allora dell’inferno che si schiude agli occhi del protagonista di Spazio Carne Tempo di Darren Frei, l’unico forse ad essersi reso conto di come stiano davvero le cose nel suo mondo? E Ubi non ci induce forse a riflettere col suo Genesi, in cui assistiamo all’imposizione di una nuova e disinvolta condotta bellica? Ma probabilmente, come spesso ci capita di pensare nel mondo reale, con quel senso di normalità che vogliamo imporci per mantenere la presa sulle bugie che sono diventate le nostre certezze, i capisaldi del nostro stile di vita, è davvero tutto il frutto di una coincidenza, una bizzarra concomitanza di fattori indipendenti.

Tutto, ma non il racconto di X, che contiene in sé, oltre all’omaggio diretto della citazione di apertura, almeno due riferimenti d’eccellenza: al regista Darren Aronofsky e al suo imminente The Fountain, che si preannuncia come l’evento della prossima stagione fantascientifica al cinema, e proprio all’ispettore Lee, conosciuto anche come Willy l’Uraniano e in ambito letterario noto come William Burroughs. L’albero e le stelle vuole rievocare la sua ricerca dello yage, la miracolosa droga degli indios, insieme a diverse altre ossessioni dell’autore. Come non è casuale il racconto di Zoon, che ci riporta all’ossessione per il controllo fornendo un suggerimento non di poco conto: sfruttare le falle per corrompere il meccanismo. Ecco il segreto per minare la solidità del sistema e infrangere i suoi protocolli di sicurezza, perché ogni forma di sapienza non è mai vuota e morta. Ma vive. Controllo e ancora ossessioni nel giro offerto da Pykmil, almeno fin quando il Guerriero di luce non prenderà coscienza delle sue potenzialità. A quel punto, chi potrà ritenersi davvero al riparo dalla sua missione? Forse, l’unico modo per scampare alla sua mano mietitrice di vite potrà venire dalle tecnologie quantistiche, a patto che accettiate il rischio di assoggettarvi ai capricci del caso, come accade al protagonista del Gatto di Schrödinger di Lukha Kremo Baroncinij. In definitiva, grazie all’ingresso in squadra di nuovi collaboratori (ai quali va il nostro più sentito benvenuto) NeXT è orgogliosa di offrirvi un interessante spaccato di letture, sicuramente il pranzo più ricco di portate nell’attuale scenario della fantascienza italiana.

Se queste non dovessero bastare a calmare la vostra fame, resta sempre l’angolo delle Connessioni con componimenti di Zoon, Pykmil e X e, tra gli haiku, l’arrivo di un altro nome nuovo che dovrebbe incutere rispetto, perché lui è l’Abate degli stolti e i suoi versi vi trascineranno in una spirale senza uscita nell’incubo del tempo.

Quanto agli articoli, questo numero porta oltre all’estensione della narrativa anche a un’estensione delle rubriche. Cominciamo da Interazioni, che vi offre una panoramica delle più recenti novità targate SF, dedicando ampio spazio al ventesimo numero di Continuum, ormai storica webzine triestina, e alla fondazione della KAOS-SF da parte del nucleo di Avatär, tutti personaggi molto vicini a noi di NeXT. Zoon, nelle sue consuete rubriche Focus e Zoom, ci prende per mano e ci guida lungo i sentieri delle nuove tecnologie e delle più sorprendenti innovazioni degli ultimi tempi. Sentieri, questi, che potrebbero sfociare in una ridefinizione dell’uomo e, attraverso il suo corpo e la sua coscienza, del suo ruolo del mondo, come appunto si propone il postumanesimo, che in campo letterario ha nel Bruce Sterling de La matrice spezzata un autorevolissimo antesignano. Ancora tecnologie d’avanguardia nella rubrica Tempi Moderni curata da X: se nella prima uscita si prendevano in esame i computer quantistici, questa è la volta del teletrasporto che sembrerebbe non essere poi quell’amenità impraticabile di tante serie televisive. E, infine, veniamo all’autentica novità di questa seconda iterazione: la rubrica Un altro orizzonte, che si pone come luogo di ampliamento e sviluppo delle tematiche già enunciate nel manifesto (se ancora non l’avete fatto, procuratevi l’iterazione 01 di NeXT), una sorta di essenziale e assolutamente non necessario approfondimento critico incentrato sul ruolo del connettivismo e sulle sue possibili strade future.

Per finire, siccome non ci stancheremo mai di ripetere che NeXT è fatta soprattutto dai suoi lettori, un ringraziamento speciale vogliamo rivolgerlo a chi, come Alex Tonelli, ha avviato un dialogo e un confronto che ha coinvolto tutta la redazione. Qualcuno, a questo punto, si chiederà che senso abbia il titolo di questo editoriale: non è una cosa che possiamo indicarvi noi, che pure abbiamo qualche idea in proposito. Forse non troppo originale, forse davvero troppo sovversiva, tanto da risultare velleitaria. Decidete voi, dopo aver letto questa iterazione 02 di NeXT. Dopotutto, siamo convinti che potete farlo. Mettete insieme i pezzi, raccogliete le forze e poi, se volete, entrate in azione: mettetevi in discussione. Siete liberi di arrivare da soli a comprendere quale può essere il senso della lotta.