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Prolegomeni alle Transizioni: intorno a Stella Imperiale di Samuel R. Delany e sulla struttura temporale del romanzo
di X

Alcune considerazioni ispirate dalla lettura di Empire Star di Delany, 30 anni dopo il suo arrivo in Italia, in relazione alla scrittura connettivista oggi.

Stella Imperiale (Empire Star) è un romanzo breve di Samuel R. Delany, scritto nel 1966, lo stesso anno dell’altro capolavoro del maestro di New York: Babel-17. È il caso di rimarcare che nelle intenzioni originarie dell’autore, le due opere avrebbero dovuto essere pubblicate insieme in un volume doppio, come da consuetudine anglosassone. Per vedere il suo sogno realizzato, Delany ha dovuto aspettare il 2001, quando i due romanzi sono stati accoppiati in una ristampa. In effetti, i richiami intertestuali sono tanti e tali tra un’opera e l’altra, da lasciare intendere che in una qualche misura i due testi attengano al medesimo universo, anche se la storia di Stella Imperiale potrebbe benissimo essere stata romanzata da Muels Aranlyde (il personaggio, il cui nome in un gioco di specchi altro non è che l’anagramma di "Samuel R. Delany", compare come coscienza digitalizzata in un supercomputer in Stella Imperiale, e viene presentato come suo amico dalla poetessa/criptoanalista Rydra Wong in Babel-17).

Da più parti è stato fatto notare come Stella Imperiale abbia anticipato l’evoluzione postmoderna dell’ultimo Delany, da Dhalgren (opera poderosa e labirintica, datata 1975, qui recensita da Umberto Pace) in poi. In realtà, in questo romanzo non mancano i semi di opere precedenti, come l’immagine della nave inghiottita dalla stella di Nova (1968) o alcune caratteristiche ricorrenti dei personaggi di Delany (per altro già presenti nella Ballata di Beta-2, 1965). Si può sostenere quindi, come già facevano Giuseppe Caimmi e Piergiorgio Nicolazzini nel loro puntuale ritratto d’autore che accompagnava la prima edizione di Stella Imperiale (sul numero 13 di Robot, anno di grazia 1977, e da allora riedito in una Raccolta Robot uscita nell’agosto ’78 e in un più recente volume antologico di Interno Giallo), che quest’opera rappresenti un punto di svolta nella carriera di Delany, il crocevia da cui si dirameranno le future evoluzioni della sua letteratura.

La stella del titolo si riferisce al sistema solare in cui ha sede la capitale di un immaginario impero futuro, di estensione galattica. Ma come sempre accade in Delany, non bisogna lasciarsi fuorviare dall’ambientazione fantasiosa, che richiama i moduli di tanta space opera. Impossibile è per esempio incontrare degli eroi, nei suoi romanzi. I suoi protagonisti sono pieni di difetti (il capitano sfregiato, lo zingaro musicante incantatore dall’aspetto topesco, il lunare pallido, il ricercatore che si rosicchia le unghie, il corsaro assassino e privato della propria individualità, la dominatrice che sembra uscita da un club BDSM), di debolezze che li rendono umani e – se vogliamo – vulnerabili. Ma le loro azioni sono sempre mosse da uno slancio che non definirei ideologico, ma comunque romantico, in una dialettica con il sovrastante potere che li spinge verso il superamento dei confini e delle costrizioni, una rottura con la consuetudine accettata. L’anticonformismo dei personaggi di Delany si riflette nella natura stessa delle sue opere, che come dicevamo sopra si innestano in un filone notoriamente conversativo come la space opera per stravolgerlo dalla base, anticipando di vent’anni – nel gergo da strada dei suoi protagonisti come pure in certe immagini letterarie (il cyborg, la coscienza digitalizzata, l’ambiente sempre più tecnologico e pervasivio) – la rivoluzione cyberpunk.

Parte integrante del gioco postmoderno e meta-letterario che allestisce Delany è la struttura narrativa che sceglie per raccontare le sue storie, dove le digressioni sono frequenti e capita spesso che una divagazione parta per la tangente schiudendo la porta su un intero nuovo universo (come nel ricordato Babel-17, con i suoi link ipertestuali che rimandano a Stella Imperiale, da cui si diramano collegamenti a Nova e a Beta-2, e poi in qualche modo ripreso dal successivo Triton). L’autore intesse così una rete narrativa intorno al lettore, avvolgendolo in una molteplicità di richiami e allusioni, intrappolandolo nella moltiplicazione dei riferimenti alle discipline più svariate (linguistica, semantica, semiotica, poesia, crittografia, chimica, astrofisica, teoria dei computer) che in definitiva riflette il caos della vita, l’assoluta mancanza di una misura umana che contraddistingue l’universo.

A un certo punto, però, accade sempre qualcosa. Nelle mani sapienti di Delany il tessuto della realtà si scioglie e il continuum si lascia manipolare con disinvoltura. Gli elementi disseminati per strada, lasciati a decantare, all’improvviso tornano attivi e forniscono il loro contributo imprescindibile alla deflagrazione della trama. E così l’intreccio esplode in una supernova semiotica che travolge il lettore e lo catapulta dritto attraverso uno squarcio nell’universo narrativo, esigendo la sua piena collaborazione nella risoluzione dell’enigma, imponendogli il ruolo fondamentale di dispiegare la logica degli eventi e ricondurla a uno schema accessibile, anche se comunque contro-intuitivo.

Lo straordinario impianto narrativo di Stella Imperiale è un caso emblematico di questo approccio. La storia procede in maniera lineare finché non vengono calate nel tessuto della narrazione digressioni storiche che conferiscono profondità alla prospettiva. Poi, all’improvviso, l’intreccio precipita. E’ un po’ come se stessimo percorrendo un arco di spirale (per richiamare un’immagine cara a Delany): la curvatura che ci sembrava ampia ci tradisce d’un tratto e ci accorgiamo troppo tardi di essere rimasti intrappolati in un gorgo visionario, un maelstrom d’inventiva e fantasia che non lasciano scampo. E la spirale ci trascina verso l’origine della storia, laddove tutto ha avuto inizio, andando a tracciare un’ideale chiusura iperstatica del cerchio.

* * *

È da queste considerazioni ispiratemi dalla lettura di Delany che sono stato spinto a stravolgere la struttura temporale del romanzo su cui sono attualmente al lavoro, optando per una soluzione tanto ambiziosa che da diverse settimane, ormai, complice alcuni eventi collaterali, mi costringe all’impasse. L’idea è di riprodurre nella narrazione uno schema frattale, intercalando nella progressione della trama dei balzi indietro nel tempo, e aggiungendo a ogni nuova iterazione un nuovo tassello al background dell’universo narrativo.

Il mondo di Transizioni è in realtà un duplice universo. Da un lato c’è il Network, la proiezione olografica degli archivi del sapere, dove scorrono i flussi dell’informazione e si muovono le coscienze digitalizzate degli abitanti del futuro, postumani ormai prossimi alla transizione al Tipo II nella Scala di Kardashev. Dall’altro ci sono i ceppi evolutisi in sacche isolate dal mondo esterno, sui cosiddetti pianeti sottoposti al vincolo della Quarantena Galattica: un espediente escogitato dal Controllo come contromisura di sicurezza, per garantire un futuro al genere umano nel caso gli ostacoli opposti dall’evoluzione dovessero rivelarsi letali per il resto della civiltà. Questi pianeti sono completamente isolati dal resto dell’universo, al punto che hanno sviluppato costumi e tecnologie indipendenti e incompatibili.

Dopo una cospirazione fallita, Kerima – una intelligenza artificiale di prima generazione – cerca riparo su uno di questi mondi, in fuga dai mastini del Controllo. L’esilio, la Decivilizzazione, l’isolamento dall’estasi consensuale del Network, rappresenteranno per lei l’occasione per guardare le cose sotto una nuova luce, e sperimentare un diverso percorso di crescita (e riscatto) personale.

Questa, in estrema sintesi, l’idea. L’espediente di ricorrere a una “struttura frattale” dovrebbe consentirmi di giocare sui due piani, aggiungendo a ogni passo uno scatto avanti nella storia di Kerima in esilio e dei suoi piani di redenzione, e allo stesso tempo svelando i retroscena della sua cospirazione sventata. L’ambiguità morale dovrebbe essere uno degli elementi del racconto, ma quanto all’effettiva attuazione del proposito non metterei la mano sul fuoco.

Ad ogni modo il primo capitolo potrete leggerlo sull’iterazione 08 di NeXT, ormai imminente. Si intitolerà Stazione delle maree, come un romanzo di Michael Swanwick che non ho mai letto. È una storia autoconclusiva, come può esserlo un episodio di vita vissuta. Il resto, spero di scriverlo presto.

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