prospettive:

fondamenti [il futuro come vocazione]

di Giovanni De Matteo

Il Connettivismo è prima di tutto una sensibilità, un sentire comune che si è aggregato attorno ad alcuni nuclei d’interesse specifico (l’impatto sociale delle nuove tecnologie, la spinta dell’umanità verso il suo superamento fisico, l’analisi critica del futuro attraverso gli strumenti dell’avanguardia) per sviluppare un discorso che col tempo, e con l’apporto di nuove menti pensanti, si è fatto sempre più complesso e profondo. Questa attitudine al futuro e l’interesse per temi di particolare rilevanza già oggi, ma che potrebbero avere un riflesso ancor più significativo sul nostro domani, è il carattere principale del Movimento.

Proprio in virtù del suo carattere di fondo, il Connettivismo è però anche molto di più: è un programma, una linea condivisa da una molteplicità di scrittori e artisti, una condotta morale per indagare l’avvenire dell’umanità attraverso le sonde psichiche di un genere che oggi – in questi tempi veloci in cui viviamo, per parafrasare Vernor Vinge - si prospetta come l’unico in grado di interpretare davvero la rapidità dei cambiamenti che stravolgono il nostro mondo. Da questo punto di vista, il Connettivismo condivide l’ispirazione di fondo che muove il cosiddetto filone postumanista, che grazie alle opere di Iain M. Banks, Ken MacLeod, Ian McDonald, Charles Stross, Alastair Reynolds e Richard K. Morgan sta emergendo come corrente predominante nel panorama della fantascienza anglosassone.

Prendendo le mosse dalla consapevolezza che la tecnologia già oggi gioca un ruolo cruciale nelle nostre vite e diventerà sempre più preponderante nel mondo di domani, con le nostre opere ci proponiamo di esplorare l’impatto etico, ecologico e sociale delle nuove tecnologie. Si tratta di un approccio che offre una casistica sconfinata di scenari da esplorare, ma che comunque non esaurisce il discorso. Il grande Philip K. Dick non era certo uno scrittore tecnologicamente all’avanguardia. Eppure la sua fantascienza è stata capace di prefigurare con la sola forza della sua spinta immaginifica ipotesi scientifiche che sarebbero state formulate sistematicamente solo dopo la sua morte, anticipando oltre ai casi di scottante attualità della bioetica addirittura la fisica teorica del paradigma olografico di David Bohm e Karl Pribram, in un’epoca in cui la meccanica quantistica era ancora considerata alla stregua di una disciplina esoterica.

Ambire per i nostri lavori a un elevato grado di attendibilità scientifica e tecnologica, anche nel caso in cui questi propositi venissero poi disattesi dal giudizio impietoso del tempo, è una scelta di campo importante che espone a rischi significativi di fallimento, ma che rappresenta - secondo una prospettiva che scaturisce direttamente dalle premesse sopra illustrate - una necessità. Questa dichiarazione d’intenti si richiama un po’ alla celeberrima massima del grande sociologo canadese Marshall McLuhan: "il mezzo è il messaggio". Attraverso un breve salto logico mi verrebbe da dire che un mezzo difettoso non riuscirà mai a veicolare efficacemente il messaggio, per quanto profondo, illuminante o importante questo possa essere. Per questo il Connettivismo si è impegnato su un fronte attivo e militante, proponendosi di contribuire allo svecchiamento di un genere che - specie nel nostro Paese - per lungo tempo si è fondato su una struttura umanistica e su un approccio timido e prudente, quando non proprio scettico o - peggio - diffidente, a qualsiasi tentativo di estrapolazione tecnologica. Per questo mi sento di poter elevare a motto del Movimento un’altra massima di McLuhan: "domani è il nostro indirizzo permanente".

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