prospettive:

articolo [la nuova tecnologia]

di Sandro Battisti

L'umanità ha sempre avuto, tra i suoi ambiziosi traguardi mai raggiunti completamente, anche quello di registrare, memorizzare su sopporti adeguati più pensieri, più atti della propria e altrui esistenza; la Storia altro non è che la diretta conseguenza di quest'anelito, è il tentativo di immagazzinare più parametri possibili dentro una pagina, un volume, un'immagine in grado di condensare un evento o un nodo storico particolarmente importante.

Esistono, è ovvio, storie massime e minime, e ogni giorno una quantità smisurata di microeventi si perdono nel nulla, nell'oblio; noi stessi fatichiamo a ricordare piccoli accadimenti di cui ci siamo resi protagonisti, che so, una sola settimana fa: la dimenticanza è uno dei flagelli che si è cercato di debellare e la tecnologia rimane, a tutt'oggi, l'unico valido aiuto dove affondare la propria mente, come se si annegasse stanchi in un sofà.

Dalla scrittura su fogli del passato - anche recente, tuttora parecchio in voga - si è finiti alla memorizzazione su supporti elettronici, in grado di garantire quantità sempre maggiori di dati e quindi di ricordi; ma gestire un ricordo umano non è semplice, nemmeno concettualmente, perché presuppone la ricostruzione di un intero panorama ricco di grafi, di punti nodali, di concetti che ne richiamano altri: in altre parole, siamo di fronte a una mole impressionante di informazioni che richiamano alla mente, per analogia, gli spazi stellari.

Partendo dai sistemi recentissimi di memorizzazione elettronica su carta - pare si riescano a raggiungere i 256MB per foglio A4 - e dagli odierni hard disk esterni, un team di ricercatori dell’Engineering and Physical Sciences Research Council (EPSRC) ha previsto che entro 20 anni si potrà registrare la propria vita all'interno di un contenitore digitale non più grande di una zolletta di zucchero. Ovviamente, il limite che ogni elemento fisico ha nel contenere i dati è ancora lontano, ma cosa succederà quando questo limes sarà prossimo, o verrà raggiunto? Nel tentativo di superarlo cosa avverrà?

In preda a tali suggestioni, scrivevo nei giorni scorsi queste righe, lasciate lì a fermentare:

La singolarità sembra oltrepassata, il punto di non ritorno appare scoccato, osservato, digerito. Nel profondo di un continuum guardo sconsolato il fluire dell'energia e la trovo sempre più prossima alle mie origini, mentre sono in preda alla nuova tecnologia.

Non c'era bisogno di lasciar stare lì a lungo il mosto, perché abbastanza presto individuavo, centravo un senso di disagio che ribolliva in me da settimane. Forse ci avete fatto caso, sono quasi scomparso dalle notizie giornaliere di questa testata; ciò avviene soltanto perché molti degli spunti che trovo in giro per la Rete sono banalità tecnologiche assolute, sembra quasi che l'intero panorama tecnologico sia in stasi, non si riesce ad andare oltre l'oggettistica futile o i soliti notebook maxi, i soliti arnesi via USB o meraviglie che durano lo spazio di un ohhhh rapidamente smorzato dalla noia. Manca la novità. Mancano tutte quelle fantastiche cose che fin dal Cyberpunk ci hanno promesso. Stiamo vivendo la disillusione di un mondo nuovo, qualcosa o qualcuno non vuole – o non è in grado, ma a questo ci credo poco – donarci l'accesso al postumanismo, o ai suoi prodromi, o al mantenimento della sua speranza. C'è bisogno di nuova tecnologia.

C'è bisogno della nuova tecnologia.

Qualcosa che ci permetta di dimenticare le astrusità di un telecomando tuttofare, o di un telefono avanzato, o di un palmare, di un navigatore GPS, oggetti di cui ignoriamo almeno la metà delle funzioni. C'è bisogno di un approccio che sopravanzi il digitale - ormai appartenente alla generazione precedente – e che ci permetta di toglierci la noia dei sistemi operativi dei PC attuali, scontati, non naturali se non attraverso storpiature del nostro pensiero.

Il digitale, pur dominando il nostro presente, appartiene ormai al passato. Fortemente legato alla nostra tridimensionalità, questa tecnologia (e matematica) deve lasciare il posto a teorie più evolute, a intuizioni quantistiche, a computer quantistici. C'è bisogno di un nuovo ordine d’oggetti teorici il cui prospetto cominci a delinearsi (almeno idealmente) così da disegnare il nuovo futuro, l'ultima frontiera, quella che non si riesce nemmeno a vedere.

Certo, fa davvero tristezza vedere ancora l'umanità alle prese con le sue ataviche tare, con le sue ridicole regole sociali che impediscono qualsiasi rinnovamento, fisico e psichico; scoraggia davvero questa continua ricerca del televisore ultima tecnologia (sic) che permette di vedere su schermi al plasma sempre più ricchi di pixel le avvincenti avventure dei reality o degli intriganti affetti amorosi espressi in sceneggiati ambientati nell'800. Ciò sembra soltanto un’enorme presa in giro, un addormentare attraverso un'epifania di tecnologia inutile e questo non perché la tecnologia è inutile, anzi, ma perché inutile è l'uso attuale che ne facciamo: siamo una sorta di polli in batteria in attesa della nostra fine, siamo ciechi e addormentati, non facciamo nulla per usare l'attuale tecnologia così da crearne altra più complessa e potente (ma davvero potente) in modo da farci comprendere, da farci crescere e vedere cosa c'è oltre la cortina, aprendo bene gli occhi e le porte della percezione, ascoltando e imparando, assorbendo. Incuranti di qualunque cosa od orrenda od oscura realtà-verità si tratti.

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