intorno alla singolarità
introduzione dell'autore
Ho scritto questo racconto sullo slancio di una storia interiore che sentivo il bisogno di raccontare. Credevo di averla messa a tacere col tempo, ma come spesso succede sbagliavo. La storia pesca a piene mani dall’immaginario fantascientifico, nel solco scavato dalla New Wave e poi seguito anche dalla marea del cyberpunk. E proprio in occasione di un concorso per racconti di genere (organizzato da una banda di appassionati in orbita attorno al gioco di ruolo Cyberpunk 2.0.2.0.), il mio racconto ha speso la sua prima vita. Ma siccome con me c’è poco da stare tranquilli, adesso torna dopo una muta che ne ha cambiato leggermente la forma lasciandone però intatta la sostanza.
È una mia personale mania. l’insoddisfazione che mi porta a scrivere e riscrivere storie che, in linea di principio, meriterebbero un riposo (magari, dirà qualcuno, eterno). Nelle mie mani, invece, altro che dormire: forse è un tentativo disperato di prolungarne il ciclo vitale oltre i limiti naturali, come certi esperimenti russi degli anni Venti cercavano di prolungare la vita attraverso un continuo ciclo di trasfusioni. Nel mio caso, il sangue sono le idee, che attingo senza pudore dal bacino collettivo riempito dalle visioni altrui, che non smetto mai di contaminare con i miei sogni in lunghi monologhi interiori. Questo sforzo, in fondo, mi accomuna al protagonista della storia che segue.
I debiti sono molti e tutti disseminati in qualche modo tra le righe del racconto: da Alfred Bester a William Gibson, passando per Philip K. Dick e senza risparmiare occasionali incursioni cinematografiche. Il più grande credo comunque di averlo contratto verso un maestro perduto della fantascienza che, dopo aver mostrato la via ai cyberpunk, adesso illumina il sentiero del Connettivismo. In questo racconto, di Delany, oltre all’epigrafe, c’è molto di più.