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tratto da [il vecchio che sognava macchine volanti]

di Simone Conti

Simone Conti ha saputo distinguersi negli ultimi anni come autore di una fantascienza ricercata e originale. Sempre più spesso il suo nome figura sui siti web del settore... [CONTINUA]

Nonostante il peso dei suoi ottant’anni, Sergio aveva portato a termine la costruzione della torre di controllo. In realtà si trattava di una baracca di legno rivettata su un telaio di ferro alto quasi cinque metri, ma questo era un dettaglio di poca importanza: finalmente, dopo due mesi di duro lavoro, il campo di aviazione era comunque finito. Già, perchè oltre alla torre era pronta anche la pista d’atterraggio, una striscia di terra battuta che tagliava in due il campo di erba medica alle spalle della fattoria.

Per festeggiare la fine di un progetto a lungo sognato, il vecchio aveva deciso di portare alla torre il piccolo Nicola e lì si era messo a raccontargli le avventure dei temerari dell’aria, lunghi monologhi infarciti di ingarbugliate descrizioni tecniche, fiumi di parole che, alle orecchie del nipote, suonavano incomprensibili.

– Guarda il cielo... – gli disse il nonno, invitandolo a sedersi su una traballante sedia di legno. – Stanotte le macchine volanti arriveranno!
– Mi arrendo: non riesco a vederli – sospirò il ragazzino, nel tentativo disperato di ricondurre il nonno sul binario della ragione.

– Guarda meglio – replicò il vecchio, posandogli una mano sulla spalla. – Nelle notti stellate, quando il cielo ci mostra le sue lacrime luccicanti, Loro si danno battaglia per stabilire chi possa fregiarsi del titolo di temerario dell’aria.
– Ne sei sicuro? Io non vedo niente se non stelle, stelle e nient’altro che stelle. Credo che alla fine dovrai accettare il fatto che i tuoi aviatori non esistono.

– Arriveranno...
– Non arriveranno!
– Arriveranno...
Nicola sbuffò: – Non arriveranno, per il semplice fatto che gli aviatori non esistono!
– Ti dico che arriveranno. Devi solo avere pazienza.

Il ragazzino incrociò lo sguardo tenero del vecchio, convincendosi che poteva aspettare. In fondo, nonno Sergio era un uomo buono, anche se a volte sembrava un tipo davvero strano...



In un punto indefinito della cronolinea...

Lo Spad VII, sulla cui fusoliera di colore giallo troneggiava un nero cavallino rampante, compì una brusca virata infilando la prua nel vento per contrastare la deriva. Nell’eseguire la manovra, i motori del biplano ruggirono di un furore metallico e la struttura dell’aereo si contorse con violenza, fino quasi a spezzarsi. Incurante degli striduli lamenti emessi dal velivolo, il pilota si guardò attorno. Il prussiano era lì fuori, da qualche parte, forse nascosto tra i densi banchi di nebbia. In ogni caso non gli sarebbe sfuggito: non questa volta. Così, nell’attesa di dar battaglia, il pilota accarezzò la mitragliatrice di bordo (una Vickers MK1 calibro 0,303), ansiosa di sprigionare la sua sete di fuoco.

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