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tratto da [l'arca dell'Alleanza]

di Roberto Furlani

Siamo infatti in presenza di un thriller metafisico, dalla spiccata valenza religiosa. Un’opera provocatoria, senz’altro, perché ci offre una lettura scientifica e verosimile... [CONTINUA]

Silo, 1205 a.C.

Gli occhi stanchi e privi di vista di Eli erano volti nella direzione della battaglia, mentre il cuore gli pulsava nel petto con il frastuono dello scalpitio di un cavallo al galoppo.

La quiete di un uomo di novantotto anni, che per quaranta era stato giudice d’Israele, era ben lontana dal suo volto contratto.

Gli eventi di Eben-Ezer non permettevano riposo: all’accampamento era divampato il combattimento ed Eli non sapeva più nulla dei suoi figli e, soprattutto, non aveva più notizie dell’arca di Dio.

L’arca dell’Alleanza era una cassa di legno di acacia lunga due cubiti e mezzo, larga un cubito e mezzo e alta un cubito e mezzo; dentro e fuori era ricoperta d’oro purissimo ed aveva per coperchio un propiziatorio d’oro sormontato da due cherubini. Al suo interno erano custodite le due tavole della legge, su cui erano incise le clausole dell’alleanza tra Dio e il popolo eletto.

Se l’arca fosse caduta nelle mani dei Filistei per Israele sarebbe stata la più tremenda delle disfatte.

Eli era assorto nei suoi pensieri seduto su un seggio presso la porta, quando sentì levarsi delle grida dalla città e per un attimo gli si mozzò il fiato: che fosse sopraggiunta voce della sconfitta di Israele?

– Che significa il rumore di questo tumulto? – domandò il giudice, il cui tono lasciava trasparire tutta la sua ansietà.

Un uomo gli si avvicinò in fretta: se Eli avesse potuto vedere, ne avrebbe osservato il volto segnato dalla fatica e i cenci logori e impolverati.

– Vengo dall’accampamento – blaterò l’uomo, trafelato. – Sono fuggito oggi stesso dal campo.

Eli ebbe un sussulto. – Come è andata la cosa, figlio mio? – chiese.

Il messaggero deglutì, facendo trapelare la propria inquietudine. – Israele è fuggito di fronte ai Filistei – rispose. – C’è stata anche un'enorme strage del popolo, i tuoi figli Ofni e Finees sono morti – sospirò, rassegnato alla tragedia di cui stava raccontando. – E l’arca di Dio è stata catturata.

Eli strozzò in gola un gemito. Le sue paure più funeste si stavano avverando: il futuro avrebbe riservato agli Ebrei solamente dolore e schiavitù.

Eli si sentì mancare; barcollò e cadde dal seggio sbattendo la nuca. Il suo cammino nella vita terrena s’interruppe così, alle porte di un domani di angoscia che a breve avrebbe travolto la sua stirpe e di cui lui aveva solamente intravisto l’alba.

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