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introduzione di Giovanni De Matteo

Mario Campaner è la più giovane delle promettenti nuove leve del connettivismo. Classe ’86, ha bruciato le tappe facendo girare il suo nome per concorsi e raccogliendo risultati più che lusinghieri. Non avrebbe potuto essere altrimenti, considerate la passione e la dedizione con cui affronta il suo approccio alla scrittura: attività che si configura non solo come un piacere, ma anche come una missione. Per parlare sempre di qualcosa d’altro, per dire qualcosa che nessuno ha ancora detto.

È in questa concezione della scrittura come ricerca, estetica, formale e tematica, che Mario ha il suo asso nella manica. E sono sicuro che riuscirà a giocare bene le sue carte, perché nella sua penna c’è quella cosa che qualcuno chiama "scintilla", qualcosa in grado di sedurre il lettore, quando non di colpirlo dritto al cuore.

Il racconto scelto per questa antologia rappresenta a mio vedere il culmine della sua rapidissima evoluzione. Un racconto maturo, capace di evocare atmosfere decadenti e che riesce a portare avanti un discorso sulla vita e sull’arte. Questo punto di contatto con la tradizione tardo romantica (si vedano i molteplici riferimenti intessuti nella storia) si unisce a influenze più recenti, con schegge di nostalgia cyberpunk e suggestioni beat.

Un racconto da sentire, più che da leggere, perché più che scritto sembra davvero vissuto.

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