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Reportage dalla Italcon 2007 - Tre giorni vissuti pericolosamente
di X

Dal 22 al 25 marzo, come da consuetudine da un po’ di tempo a questa parte, il popolo della fantascienza si è dato appuntamento a Fiuggi per salutare l’arrivo della nuova stagione. In una città-fantasma assediata dal maltempo e da una convention parallela, ugualmente incentrata su temi fantascientifici ma di minore attualità, gli appassionati si sono ritrovati per un fine settimana ricchissimo di appuntamenti presso la storica sede del Centro Congressi Ambasciatori. Grande – forse superiore alle aspettative – è stata l’affluenza di pubblico, complice anche un programma talmente ricco da rendere inevitabile la sovrapposizione di eventi di pari interesse per i partecipanti. Malgrado, lo ribadiamo, la concomitanza di un evento analogo a poche centinaia di metri di distanza. Memorabili le performance degli ospiti: su tutti, una menzione d’onore va a Richard K. Morgan, autore di spicco della nuova fantascienza britannica, talento istrionico e campione di umanità.
Questo che segue è un diario parziale e soggettivo della Deepcon, vista con gli occhi dell’alieno neofita delle convention. Se gli eventi saranno esaminati soprattutto in ottica Italcon, è per comprovato limite di chi scrive…

Venerdì 23 marzo 2007. Mattina. Sveglia alle 07:00. Avrei voluto non perdere il primo giorno di lavori e soprattutto le fatiche enogastronomiche della notte, con la classica Eatcon che corona il giovedì sera, ma per ragioni lavorative ho dovuto rimandare la partenza. Riesco a raggiungere Termini con un po’ di anticipo sul treno in partenza per Cassino, che mi lascerà alla stazione Anagni-Fiuggi intorno alle 9:20. Ne approfitto per fare uno squillo ad Andrea Jarok, che mi dice di essere da poco sbarcato alla convention. La situazione è tranquilla.
Il viaggio fila via liscio nella campagna laziale: paesi ancora mezzi addormentati costeggiano la ferrovia, campi desolati e, in lontananza, un Appennino spruzzato di neve. Approdo in stazione in perfetto orario e insieme a un vento più freddo del previsto trovo ad attendere i viaggiatori una corriera. Per strada incontriamo un corteo sindacale della CGIL, ma avvicinandoci a Fiuggi è tutto uno sventolio di tricolori sghembi e poco attendibili che mi ricordano le dinamiche del tifo applicate alla politica. Uno slittamento della realtà mi ha catapultato in un mondo parallelo? No, solo uno squallido congresso di ufologia politica con la partecipazione della più ingombrante e dannosa meteora nella storia istituzionale del nostro Paese.
La fantascienza per cui sono qui è un’altra.
All’Ambasciatori, completate le velocissime pratiche di registrazione, incrocio subito Jarok che mi consegna le chiavi della camera. L’atmosfera è rilassata, mi dicono che la Eatcon è stata fatale per molti dei partecipanti più attempati… a-hem, dei veterani della Italcon. Deposito i bagagli e ritrovo il buon Jarok presso la postazione del Bazaar del Fantastico; ha una sorpresa per me: finalmente è riuscito a procurarmi una copia del numero 35 di Robot, storica antologia monografica dedicata al mitico Samuel R. Delany. La Deepcon parte sotto il migliore degli auspici…
Non c’è tempo che per scambiare poche chiacchiere sui libri esposti e fare incetta di titoli (per pietà dei commercialisti in collegamento taccio sul mio investimento in cultura), che alle 11.00 comincia la tavola rotonda su Howard Phillips Lovecraft, moderata da Ernesto Vegetti con la partecipazione di Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco. Arrivo nella Sala Ambasciatori che è già cominciata: Fusco sta tracciando un resoconto storico sulla loro benemerita opera di traduzione del Solitario (non più tanto solo, ormai) di Providence qui in Italia. Un’impresa inizialmente vista con sospetto, ma illuminata da grande lungimiranza, come spiega de Turris nella sua eccellente introduzione al volume Il Guardiano dei Sogni, da lui curato per Bompiani. E in arrivo c’è anche una nuova edizione delle lettere di Lovecraft, a cura di Massimo Berruti, autore dell’ottima traduzione delle opere incluse nel sopraccitato volume.
Al termine della conferenza, incrocio Vegetti, Gran Maestro dell’Ordine del Catalogo. Lo conosco di penna da alcuni anni, non di rado ci becchiamo in Lista per divergenze politiche, ma mi aspettavo una persona simpatica. Trovo un uomo sorridente e affabile oltre le mie più ragionevoli aspettative, che non perde occasione per ricordarmi quante tasse in più hanno tramato di estorcermi i farabutti al governo… Non può sapere che con il mio contratto metalmeccanico il massimo che possono estorcermi è un mezzo litro di sangue. Se si azzardano a succhiare di più, l’anno prossimo si ritrovano con un contribuente di meno, e un ospite in più al Verano.
Mi sposto al piano superiore, mi aggiro vicino al Bazaar, trovo il tempo per assestare un altro piccolo colpo alle mie finanze. C’è anche un uomo che si aggira per la saletta, alto, l’aria solenne, armato di un libro-mastro da qualche migliaio di pagine: scoprirò solo più tardi che si tratta di Bruno Baronchelli, grande collezionista e abbonato n. 1 a NeXT. Capita anche questo a Fiuggi… La fame comincia a farsi sentire, ma è ancora presto per pranzare, così ne approfitto per assistere all’incontro con l’Agenzia Spaziale Italiana. Una bella conferenza tenuta da un giovane ingegnere: lo spazio è ancora così lontano come sembra? Forse no, sembra essere il suo messaggio. Di sicuro c’è una forte spinta verso il cosmo in ognuno di noi, come testimonia la sua esperienza maturata in giro per le scuole di tutta Italia. Mentre noi continuiamo a sognare, i militari piazzano lassù i loro missili e pianificano future basi lunari. Presto potrebbe rendersi necessario un movimento globale per la smilitarizzazione dello spazio…

Venerdì 23 marzo 2007. Pomeriggio.A pranzo con Andrea abbiamo modo di saggiare la cucina dell’Ambasciatori a partire da un ottimo piatto di pennette al salmone. Le loro dimensioni preludono già alle nanotecnologie gastronomiche, a dirla tutta, ma ogni scusa è buona per un bis. Dopo pranzo, al bar per il caffè. Subito dopo incontro Elisabetta Vernier accompagnata da Stefania Guglielman, meglio nota come Doralys: conosco un’altra utente del Ten Forward, il forum più incasinato della rete. Con lei parto in cerca di Anto della Banda Basilisco, che si è sobbarcata la discesa da Parma. Raggiuntala, ne approfittiamo per proseguire una discussione su Heinlein già avviata sulla Rete, improvvisando nell’anticamera alla sala principale una versione in tempo-lento ma reale del forum. A noi, dopo un po’, si uniscono anche Vegetti e Salvatore Proietti.
Di Richard Morgan, intanto, ancora nessuna traccia: in mattinata ha approfittato del programma che non lo vedeva impegnato per un giro turistico per le strade di Fiuggi, in compagnia di Virginia, sua moglie. A pranzo si è trattenuto fuori. Il momento del nostro panel si avvicina, Salvatore non ha notizie, io mi faccio un altro giretto al piano superiore. L’atmosfera è assonnata, come il Direttore della Galassia e Signore dei Robot Vittorio Curtoni quando lo incontro davanti al bar. Ogni volta incontrarlo è un piacere, questa volta doppio perché lo trovo in forma dopo che si è appena ristabilito da un brutto attacco di mal di schiena. La verve emiliana non l’ha abbandonato, che Dio lo abbia sempre in gloria!
Arriva anche Sandro “Zoon” Battisti e dopo poco giunge voce che sia ormai ora di mettersi al lavoro. Mi fiondo in sala dimenticando al Bazaar di Jarok gli appunti della relazione sulla fantascienza britannica e l’importanza del suo esempio per i connettivisti, documento che con tanta cura mi ero preparato nei dopocena dell’ultima settimana. Pazienza, non ho il tempo di rammaricarmene che scorgo un giovane in calma attesa dietro la lunga tavola delle conferenze. Lo scruto meglio… è proprio lui, Richard K. Morgan: quattro libri tradotti in diciotto lingue (cinese e giapponese inclusi), un fumetto di successo, diritti opzionati da nientepopodimenoché Joel Silver, viceré di Hollywood e quando lo avvicino presentandomi nel mio balbettante inglese di Portonaccio, mi accoglie con un sorriso e una calorosa stretta di mano.
Sembra che si stia divertendo un mondo qui in Italia. Non è la prima volta che viene nel nostro Paese, mi confida che è già stato a Roma e vorrebbe andare a visitare amici di famiglia giù in Sicilia, magari noleggiando un’auto e partendo on the road, ma lo dissuado un po’ bruscamente: c’è da capirlo, bisogna essere italiani per avere un’idea attendibile della Salerno-Reggio Calabria. A noi si aggiungono Anto e Doralys: il tempo per scambiare quattro chiacchiere sulla fisiognomica e scattare due foto, che Salvatore ci invita a prendere posto per cominciare.
Con Proietti abbiamo modo di analizzare le radici storiche di questa tendenza e dal suo punto di vista “immerso” Morgan aggiunge preziosi elementi al dibattito, sottolineando le affinità culturali e le attitudini sociali tra la Scozia (dove vivono appunto lui, Iain M. Banks, Ken MacLeod e Charles Stross) e l’Europa, in contrapposizione all’asse anglo-americano. Richiamandosi alla lezione di Will Hutton (giornalista europeista autore del saggio The World We’re In), il nostro ospite britannico spiega come “in Europa, la limitatezza dello spazio a disposizione ci ha spinti a sviluppare una coscienza sociale delle comunità sconosciuta in America, dove la vastità del territorio a disposizione dei pionieri ha progressivamente indebolito i legami ed esasperato l'individualismo”. Una riflessione imprescindibile per comprendere la forte impronta sociale della fantascienza postumanista, che riesce a operare una sintesi di estremo interesse tra due correnti storiche del genere: il filone tecnologico della cosiddetta hard-SF e quello sociologico che in una certa misura ha nutrito anche la New Wave e il cyberpunk. Una lezione a cui si ispira anche il Connettivismo in Italia.
Non mi dilungo ulteriormente sul panel, ma posso dire che per me è stato un onore immenso partecipare a una simile discussione con due titani come i miei due colleghi. E mi scuso con Elisabetta, offertasi come traduttrice per Morgan, se involontariamente le ho reso la vita impossibile…
Alla fine del panel incontro finalmente Giorgio Messina: il demiurgo della Cagliostro [e]Press, nonché artefice della veste grafica di ogni nuovo numero di NeXT, mi aveva promesso la sua presenza, e in effetti è qui, con una copia di Futura – recente produzione della sua casa editrice – e un sorriso in cui schermisce quella superiore comprensione dei fatti della vita che è un po’ una prerogativa della stirpe sicula. Incontro anche Vittorio Catani, che già avevo intravisto durante la conferenza, e per me è un immenso piacere: la sua pacatezza ispira ogni volta un senso di beatitudine sovrannaturale.
Il successivo appuntamento ci spinge a traslocare per permettere un tranquillo svolgimento dei lavori e noi ci ritroviamo al bar del primo piano, dove incrocio Alberto Cola, sorridente come al solito, con cui mi trattengo a parlare di futuri progetti editoriali e sviccate, e subito dopo Carmine Treanni, fresco di nomina a curatore di Delos, rosso e sorridente anche lui. Dovremmo cominciare a breve la presentazione di Supernova Express, ma la saletta che ci è stata destinata non sembra pronta: una musica di sottofondo e un impianto elettrico sibillino rendono improba la nostra impresa. Mentre Giorgio allestisce un one man show a beneficio degli appassionati e curiosi venutici ad ascoltare, cerco di rimediare qualcosa: riesco a eliminare la musichetta di fondo, Sandro riesce nell’impresa di donarci la luce. Siamo pronti a cominciare, con mezz’ora di ritardo sulla tabella di marcia. E al piano di sotto, comincia il panel di Antonino Fazio, Proietti, Riccardo Valla, Curtoni e Morgan sul cinema ispirato da Dick… sommo cruccio per me non potervi assistere.
Complice la verve di Giorgio, riusciamo a impostare la discussione sui binari di una complicità diretta con il pubblico venuto ad ascoltarci: interagiamo con loro, parlando delle difficoltà del mercato editoriale e degli ostacoli che si oppongono ai soggetti emergenti, parlando del Connettivismo e dei prodigi che siamo riusciti a compiere grazie alla tecnologia, praticamente dal nulla. Parliamo di NeXT, di Supernova Express e dei futuri piani della Cagliostro. E riceviamo un feedback che conforta e ripaga di tanti sforzi: incluso il cordialissimo interessamento di Donato Altomare, uno che come autore nella fantascienza ci sguazza da decenni.
Rubiamo diversi minuti preziosi a chi ci segue, ovvero il buon Catani, cortese come al solito malgrado il nostro vergognoso sforamento. È venuto a presentare la sua antologia massima: L’essenza del futuro, edita da Perseo Libri. Giorgio e Sandro sono però in partenza, così mi attardo con loro per i saluti: Giorgio se ne va con i gradi di ammiraglio della flotta acquisiti alla modica cifra di… (taccio per compassione di sua moglie) dallo store degli inglesi che ogni anno portano a Fiuggi magliette, gadget, poster e chincaglieria assortita per gli appassionati. Saluto anche Doralys e Anto, augurandomi che magari tutti loro, il prossimo anno, considereranno l’opportunità di prolungare la permanenza.
Il pomeriggio si conclude con il Vortex, l’improbabile sfida importata dalla WorldCon da Silvio Sosio che vede quattro autori gareggiare su un tema a caso, improvvisando un racconto senza mai ripetere una parola. Il campione in carica è il Supremo Vic, gli sfidanti sono Alberto Cola, Donato Altomare e Riccardo Valla. Alberto decide di non impegnarsi troppo, ma malgrado questo, forse rinvigorito dal tifo dei numerosi supporters raccolti in sala e guidati dal capo ultrà Andrea “La-Iena-Che-Ride” Jarok, si supera in uno spettacolare harakiri doppio: errore, con autocorrezione incorporata che gli merita punti insperati e la stima incondizionata del pubblico. Risponde Altomare con un saggio di finezza dialettica che lo porta a scrivere un’indimenticabile pagina di questa indimenticabile tenzone: il record per il periodo più lungo della competizione, che non si conclude nemmeno allo scadere del fatidico minuto. Applausi a scena aperta, come quando il S*ommo lancia il nuovo tema, che è nientemeno che la scrittura di un racconto connettivista. Uno spunto che però sfortunatamente non raccoglie esiti. Gli equilibri sono ormai stabiliti: Vic in fuga e Altomare a inseguire. Ma le speranze di rimonta del fuoriclasse barese tramontano quando viene letta l’ultima traccia: è la storia di una quest fantasy in cui Vic deve contendere la diafana Anne McCaffrey alle mire amorose di un nano dispettoso e insolente. Con questa materia, per lo stilista di Piacenza è un gioco da ragazzi conservare il titolo iridato di campione nazionale di Vortex. Con sommo diletto, va detto, per gli astanti.
E ormai è ora di cena…

Venerdì 23 marzo 2007. Sera. Ho l’onore di sedere a tavola con, in ordine dalla mia sinistra, Francesco Lato (che scopro conoscere la mia terra natale, sulla costa lucana del Mar Jonio), Gianfranco Viviani, Vittorio Curtoni, Richard e Virginia Morgan, e una tranquilla signora americana venuta al seguito di una delle ospiti straniere della Deepcon (mi scuso con chi legge, ma non ho ancora capito chi tra Virginia Hey e Lolita Fatjo… la mia cultura televisiva è ferma a X-Files). A cena si varia su un po’ tutto, parlando di università italiana e università inglese, di leggi contro il fumo in Italia e in Spagna (la signora Morgan è originaria di Madrid), di grandi scrittori come Paul Di Filippo e di geniali infami come… ops, ho dimenticato improvvisamente il nome! Comunque, Gianfranco e Francesco ci deliziano con storie apocrife su illustri battibecchi tra i grandi della fantascienza, a coronamento dei generosi racconti di Morgan sulle disavventure legali sue e dei suoi colleghi anglofoni.
Nel dopocena offro a Morgan un caffè che lui – forse sospettando che gli scrittori italiani di fantascienza non navighino in buone acque finanziarie – si fa allungare con del… cheap whisky. Con lui e la sua signora continuiamo a chiacchierare ancora del panorama editoriale europeo, con l’esempio spagnolo portato da Virginia come un segno di speranza anche per il destino dell’Italia. Lei e Richard non la smettono di stupirmi e mi confortano sulle fatiche che il giovane autore deve affrontare: tanto lavoro, tanta pazienza, estrema perseveranza e sacrificio, le armi per spuntarla. E nel sorriso di Virginia in ricordo dei vecchi tempi, quando Richard era ancora alle prese con un lavoro e un romanzo da scrivere nelle ore notturne, mi piace leggere un incoraggiamento a tutti quei giovani italiani che magari adesso stanno leggendo questo articolo, che si vedono stretti nella morsa di un mercato praticamente senza speranza come il nostro, ma disposti a tutto pur di portare avanti un piccolo sogno.
Lezione numero uno: non esistono cose facili per nessuno. Se teniamo duro, a volte le gratificazioni seguono. A volte no. Ma se nemmeno ci proviamo, se non ci sediamo al tavolo e diamo un’occhiata alle carte, non sapremo mai come avrebbe potuto finire la nostra partita e rimpiangeremo per sempre quella mano sfumata.
Prima di andare a dormire c’è ancora tempo per una chiacchierata con Fazio, Valla e Proietti, intorno a Ballard, Bradbury, il bello, il brutto e il sospetto nella fantascienza. Poi Proietti ci viene sottratto dalla comitiva del Deep Space One, la compagnia comincia a sciogliersi e quando con Andrea ci avviamo verso la nostra stanza è proprio Proietti, alle tre del mattino, l’ultimo superstite della Italcon ancora in giro.
Onore e merito alla vecchia guardia!

Sabato 24 marzo 2007. Mattina. La sveglia suona alle nove. Cinque ore e mezza di sonno, Andrea mi vede soddisfatto: sono nella mia media. Scendiamo a fare colazione e subito si uniscono a noi Catani e Morgan. Tra un cornetto e un caffè riprendiamo i mille fili dei discorsi lasciati in sospeso la sera prima. Quando resto solo con Richard ne approfitto per togliermi qualche curiosità. Mi racconta della sua passione per Bob Shaw e spiega come l’idea di Harlan’s World, il pianeta natale di Kovacs che come nome mi ha sempre affascinato, derivi da una vecchia serie di racconti ambientati in un universo narrativo condiviso, pubblicati su Omni a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta. Morgan confida di aver pensato a quel nome in maniera del tutto involontaria, senza correlarlo alle sue vecchie letture, sorprendendosi ancora oggi di come l’input di Theodore Sturgeon si sia depositato nella sua memoria di lettore e abbia covato sotto la cenere lungo i decenni, fino a riguadagnare nuova vita sulle pagine di quello che io ritengo il miglior romanzo di fantascienza letto dai tempi di Ricambi di Michael Marshall Smith in poi. Confesso a Morgan di considerare Quellcrist Falconer come la figura più potente e affascinante di Bay City e lui sorride: non sono in molti a dirglielo, quasi tutti sono colpiti da Takeshi Kovacs e dai suoi modi spicci, ma Quellcrist ha qualcosa di potente, appunto, di quasi sovrannaturale, di archetipico forse, che la rende così completa e complessa malgrado si stagli sull’intero romanzo sempre e solo come un’ombra, tornando nelle leggende dei suoi protagonisti senza mai prendere parte attiva all’azione.
Vista la mia passione, Richard decide allora di omaggiarmi di una piccola grande sorpresa. È sceso con il suo iBook e me lo apre davanti: mentre la macchina si avvia mi racconta di quando un crash all’hard-disk gli fece quasi perdere i capitoli del nuovo romanzo, e delle faticose procedure per il recovering. I tecnici da lui interpellati non volevano crederci che tutto ciò che Morgan aveva da salvare sul suo portatile fossero dei file… di testo. E all’improvviso mi mostra il primo capitolo di Black Man, il quarto volume della serie del carbonio alterato, ambientato cento anni nel futuro, nelle prime fasi dell’esplorazione spaziale in un mondo che viene progressivamente stravolto dalle nuove tecnologie genetiche. E mi confida che un ruolo predominante spetterà proprio alla figura di Quellcrist, l’eroina dello Sfondamento Coloniale, esplorata sempre più in dettaglio.
Quando i camerieri dell’Ambasciatori ci cacciano fuori dalla sala da pranzo, ripariamo nel salone antistante per continuare a parlare di romanzi, di fantascienza e di Blade Runner, un’altra nostra vecchia comune passione. A noi nel frattempo si è unito anche un altro lettore, Andrea **** da Pordenone, catturato come me dalla favella di Morgan. Discutiamo delle varie voci che si sono rincorse nel tempo di dare un seguito al capolavoro di Ridley Scott, dei seguiti firmati da K.W. Jeter, del video-gioco della Westwood. Ne approfitto per tirare fuori la storia dei diritti di Bay City acquistati dalla Warner Bros. Morgan teme che il film non si farà mai, ma per lui non è affatto un problema, almeno finché la compagnia continuerà a rinnovare l’opzione con un assegno… Gli chiedo, nel caso potesse scegliere, quale regista gli piacerebbe che prendesse in mano il progetto e lui non esita: Michael Mann, anche se difficilmente accetterebbe di fare un film di fantascienza. Ricordo come cinque o sei anni fa il nome di Mann venisse associato al progetto top secret The Zen Differential, che avrebbe dovuto trasporre sul grande schermo il secondo romanzo di un altro nostro comune idolo letterario (Giù nel cyberspazio di William Gibson). Richard, se ieri sera sei stato tu a darmi speranza, adesso ascolta un fesso: niente è impossibile, nemmeno i sogni più remoti, quelli in apparenza meno probabili. Fidati!
A noi si unisce anche Dario Tonani. L’autore di Infect@, pubblicato su Urania di aprile e già conosciuto la sera prima, ha appena concluso la presentazione al pubblico del suo romanzo e si unisce a noi per scambiare due chiacchiere con Morgan: anche lui è un suo ammiratore sfegatato, e sento crescere l’attesa per l’uscita del suo libro… Il suo arrivo è subito seguito da Paolo Arosio, che ringrazio per le foto che scatta a immortalare questo improbabile incontro.
Continuiamo a parlare finché Morgan non deve assentarsi per un precedente impegno, un’intervista con Marco Passarello, ma non prima che mi sia fatto autografare una copia di Bay City, dedica che serberò con somma gioia nella mia biblioteca. Lo ritroviamo comunque mezz’ora più tardi nella Sala Ambasciatori per il suo incontro con il pubblico. In un’ora senza cali di tono Morgan intesse un discorso complesso e raffinato su cosa voglia dire essere uno scrittore di fantascienza oggi, di cosa significhi scrivere e vivere in Europa, dei rapporti tra l’Inghilterra in cui è nato e la Scozia in cui vive, dei progetti futuri (una trilogia fantasy di cui mi aveva già parlato la sera prima, improntata sul modello della Spada Spezzata di Poul Anderson, uno dei suoi miti): della vita, insomma, dell’universo e di tutto il resto.
Dopo il suo panel per caso mi imbatto in Fabio “Faz” Deotto e Marco “Tony” Antonelli, già visti a Vimercate in occasione della NextCon e scesi quaggiù apposta per ascoltare Morgan. Beata incoscienza della gioventù: vanno di fretta, fuggono come folli cercando di agguantare l’autore per farsi autografare le ultime copie di Business, e io non posso scambiare con loro più di qualche parola, ma un fulmine mi colga tra le chiappe se questi due non hanno tutta la mia incondizionata ammirazione per il viaggio “allo sbaraglio” che si sono sobbarcati. Imprese titaniche, da tramandare ai posteri.

Sabato 24 marzo 2007. Pomeriggio e sera. Impresa titanica è anche guadagnare un tavolo a pranzo, con la folla delle grandi occasioni… Con Carmine trovo posto a una tavola made in Fantascienza.com: il S*ommo, Eliver, Lanfranco Fabriani, Proietti e con noi è anche Dario Tonani. Mangiamo e parliamo di cyberpunk, di Urania, del futuro della collana, delle speranze che lascia intravedere la gestione Alan D. Altieri. Mangiamo e beviamo, cosicché quando con Lanfranco ci avventuriamo in un tentativo di definizione dei generi (fantastico-fantascienza-fantasy e giallo-poliziesco-noir, con l’horror a cavallo tra questi due archi letterari), sconfiniamo facilmente nel dopocaffè.
Ritrovo Carmine con cui ci intratteniamo in una lunga chiacchierata su Delos, la fantascienza online, la sua esperienza con la splendida webzine Quaderni d’Altri Tempi, gli esperimenti del connettivismo e il premio Italia. A noi si unisce Andrea Jarok e riprenderemo poi la discussione nel dopo-premiazione, quella sera stessa. In una serata brillantemente condotta dal Catalogo Vivente Ernesto Vegetti, i premi Italia vedranno trionfare giustamente Vittorio Catani e Valerio Evangelisti tra gli autori, e sul piano editoriale la Delos Books e Robot. Per il connettivismo, che gareggiava in sette diverse categorie, nulla da fare. Se ne riparlerà l’anno prossimo… Nel frattempo con Carmine disertiamo la sfilata dei costumi e accettiamo di buona lena la birra che il Supremo Vic desidera offrire a noi e agli altri suoi ospiti. Ci racconta delle disavventure legali con un noto editore romano che avrebbe preferito non pagargli delle traduzioni, ma che è stato giudiziariamente ricondotto alla ragione. E ci svela ulteriori, preziosi retroscena. La serata prosegue con Lato che offre a tutti dell’ottimo rhum, e una lunga, piacevolissima chiacchierata con Catani. Alle due facciamo scattare avanti le lancette per l’ora legale, e dopo poco i primi vegliardi cominciano a dare forfait. Andrea Jarok, approfittando della latitanza del barista, guida l’ammutinamento della Italcon che tocca il suo culmine con l’occupazione del bancone. Quando la ribellione sarà repressa senza spargimenti di sangue, il nostro subcomandante avrà da dichiarare: “avevo solo bisogno di un po’ di acqua calda”.
Lezione numero due: mettere sempre in sicurezza il perimetro.
Forse soddisfatto dalla risposta, il barista abbandona nuovamente la plancia di comando e questa volta, tramite un opportuno schema di pali e vedette, riusciamo a conservare il possesso del bar fino alle sei del mattino! Alla fine resteremo solo un manipolo di eroici stacanovisti delle notti alcoliche: Silvia Castoldi, Andrea Jarok, Francesco Lato e il sottoscritto, a bussare tenacemente alla porta di Alberto Cola, sprofondato in un sonno beato e irremovibile.
E così battiamo in ritirata. Andrea non fa in tempo a lasciarmi solo mezzo minuto che mi ritrova beatamente addormentato, che dormo il sonno dei giusti.

Domenica 25 marzo 2007. La sveglia suona alle ore 08.00. Due ore di sonno? Stavolta sì che sono in deficit. Il debito si sente da subito, fin da quando raggiungiamo la sala pranzo per la colazione e l’alcol mal digerito della sera prima accampa ingiustificate rivendicazioni proprietarie sul mio stomaco. Riesco a malapena a mandare giù due caffè. Di cibo solido manco a parlarne.
Rimedio una copia di Repubblica e cerco di leggiucchiare qualcosa, in attesa che cominci l’Assemblea dei partecipanti della Italcon. Man mano che la convention si sveglia cominciano a farsi vedere in giro le prime facce assonnate. All’Assemblea votiamo le mozioni di Silvio Sosio e Flora Staglianò per una normalizzazione del meccanismo di assegnazione dei premi Italia: l’obiettivo è evitare imbarazzanti casi di occupazione delle varie categorie da parte dei soggetti forti dei più consistenti gruppi di voto. Così si decide di sospendere per un anno dopo la vittoria i soggetti (riviste o persone) che siano risultati vincitori nelle categorie: miglior operatore artistico, miglior rivista professionale, miglior rivista amatoriale e miglior sito web.
E’ l’ultimo evento di cui conservo un ricordo nitido. Più tardi saluterò Vittorio Catani, Donato Altomare, Dario Tonani, Alberto Cola, Carmine Treanni, Vittorio Curtoni e Gianfranco Viviani, in partenza prima di pranzo. Darò una mano a Silvio Sosio e Andrea Jarok a smantellare il Bazaar. Mi ritroverò a pranzo assorto davanti a portate che non assaggerò nemmeno.
Ancora saluti: i Severian, Andrea Jarok, Silvio Sosio ed Elisabetta Vernier, Lanfranco Fabriani, Salvatore Proietti, Francesco Lato e signora, Paolo Arosio.
Sarò l’ultimo Italcon a sgomberare il campo, approfittando del servizio di auto-navette gentilmente messo a disposizione dai membri del Deep Space One, a cui va tutta la mia riconoscenza per l’organizzazione impeccabile dell’evento. Alle tre e mezza riesco a intercettare finalmente Richard e Virginia. Anche loro partiranno nel pomeriggio, per il momento si concedono alle ultime foto. Ci salutiamo con l’augurio – e la speranza, da parte mia – di rivederci presto, in futuro. A una prossima Italcon, chissà, o magari a qualche EuroCon o WorldCon, vedremo… Mi azzardo a lasciargli in omaggio un dono dal Connettivismo. Gli mostro una copia di Supernova Express, una di NeXT e una del mio Revenant. Mentre sfoglia i libri, soffermandosi sulle illustrazioni di Claudio Iemmola, si lascia spiegare un po’ meglio il senso del nostro progetto: avremmo dovuto parlare di fumetti, ma il tempo è tiranno. Lo invito a scegliere un ricordo di questa Italcon. Morgan riconosce in Revenant uno dei finalisti della sera prima, una delle tante candidature non concretizzatesi in premio per il connettivismo. E sceglie quello. Non lo leggerà mai, ma lo accetta volentieri in dono e mi chiede addirittura un autografo.
Lezione numero tre: mai, mai dare nulla per scontato. Simpaticissime persone comuni si nascondono anche tra i grandi della scrittura.
Strette di mani; il sorriso di Virginia Morgan che si offre di provare a leggere l’italiano, lei che è spagnola; il libro di un insignificante esordiente italiano che nella loro valigia si accinge a superare i confini nazionali. E il ringraziamento di Morgan… Per cosa, poi? Solo per del whisky di bassa qualità? No, per la mia dedica…
Probabile che il debito di sonno maturato negli ultimi giorni mi stia ora giocando dei brutti scherzi. Dormire, forse sognare… datemi un altro anno così, in attesa del prossimo appuntamento a Fiuggi.

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