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Watchmen: la graphic novel di Alan Moore e Dave Gibbons

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Prima di approdare sul grande schermo, i vigilantes hanno dato vita a una mirabile saga cartacea nel fumetto più complesso e ambizioso di Alan Moore. Domenico Mastrapasqua ci propone una rapida lettura critica della graphic novel più influente del secolo scorso, indispensabile per potere apprezzare a fondo la fedeltà della pellicola allo spirito degli Watchmen originali.X

Dopo l’assassinio del Comico, vigilante al servizio del governo americano, temendo un complotto ordito contro gli uomini in costume, Rorschach, vigilante fuorilegge e dai metodi brutali, decide di investigare sul misterioso delitto, sfidando la polizia e le sette accuse di omicidio che gli vengono imputate. Siamo nel 1985. Sono passati otto anni dell’entrata in vigore del Decreto Keene che, a seguito delle proteste delle forze di polizia e della popolazione, ha dichiarato illegale la figura del vigilante. La legge prevede anche che chiunque dichiarerà di volersi porre esclusivamente al servizio delle istituzioni verrà esentato dalle restrizioni del decreto e potrà continuare a sfruttare la propria identità mascherata. È questo il caso del Comico e del Dottor Manhattan. Entrambi hanno combattuto nella guerra del Vietnam, decretando la vittoria degli Stati Uniti. Il primo facendo uso delle proprie capacità fisiche e delle competenze militari acquisite in giro per il mondo a partire dalla Seconda Guerra Mondiale, l’altro sfruttando il suo infinito potenziale di creatura immortale e onnisciente. La maggior parte dei supereroi ha invece abbandonato l’attività di custode della giustizia; qualcuno rendendo pubblica e sfruttando economicamente la propria immagine – è il caso del popolare Ozymandias/Adrian Veidt, l’uomo più intelligente del mondo – altri seppellendo per sempre il proprio lato oscuro.

Attraverso le idiosincrasie e le zone d’ombra di una nazione governata dal presidente Nixon al suo quinto mandato (in un universo in cui lo scandalo Watergate non è mai venuto alla luce, il successo in Vietnam ha portato alle stelle la popolarità di Tricky Dick, permettendogli di apportare le opportune modifiche alla Costituzione…), lo sceneggiatore Alan Moore e il disegnatore Dave Gibbons declinano con lucidità il loro sguardo critico attraverso le lenti distorcenti del racconto ucronico. L’intrigante contorno di materiali metanarrativi contribuisce alla profondità dello scenario e fa sì che il loro 1985 alternativo risulti solido e sempre credibile, anche laddove porta in scena figure essenzialmente fantascientifiche come il Dottor Manhattan, uno scienziato disintegrato in un incidente di laboratorio ma il cui spirito è stato in grado di ricompattarsi e di dare vita a una creatura invincibile, di pura energia, che vede la realtà come un mosaico sub-atomico governato da regole quantistiche, in cui passato, presente e futuro sono solo istanti che coesistono in una nube di probabilità al di là dell’illusione della storia.

Watchmen è una graphic novel innovativa sotto molteplici punti di vista. Innanzitutto sul piano scenografico. Le situazioni politica, sociale e psicologica che si snodano attorno alle vicende dei vigilantes sono estremamente verosimili. Ma la realtà alternativa immaginata da Moore e Gibbons non è una semplice deformazione degli anni ‘80, è piuttosto un’ucronia scientificamente fondata, talmente dettagliata e allo stesso tempo aliena, straniante rispetto alla propria controparte storica da risultare familiare. Il costante pericolo di un terzo conflitto mondiale grava sulla popolazione mondiale come una cappa di pulviscolo radioattivo. La tensione emerge dai giornali, dalla televisione, dai dialoghi casuali della gente. Il risultato complessivo è uno squarcio storico-politico assolutamente realistico.

Se Alan Moore si conferma grande autore letterario, Dave Gibbons dimostra di non essere da meno come illustratore. Riproducendo con gusto dinamico una scansione da montaggio cinematografico, le sue tavole sono quanto di più innovativo e postmoderno ci si possa aspettare da un fumetto e raggiungono una inedita densità di dettaglio. Le invenzioni narrative sono tante e così sbalorditive da spingere il lettore a rileggerle e a ripercorrerle con gli occhi, come una ragazzino che riveda al rallentatore una registrazione di uno spettacolo di magia per comprendere il meccanismo del prestigio, sedotto dalla sua fascinazione.

Watchmen è un mosaico di flashback, digressioni, storie nella Storia, narrazioni incidentali a prima vista estranee al flusso narrativo, pastiche (come il fumetto allegorico de I Racconti del Vascello Nero), squarci metaletterari: un bagaglio di strumenti che hanno radice nella narrazione postmoderna, veicolo per eccellenza di quella letteratura che non vuole fermarsi alla storia pura e semplice, ma che setaccia il testo alla ricerca di spunti che possano a un tempo arricchire l’universo principale e stratificare la narrazione su livelli diversi ma concatenati, assimilando il canone tipico del romanzo moderno – l’introspezione esasperata – e riadattandolo alle forme e geometrie dello spazio narrativo, a tutto ciò che accade al di fuori dei personaggi e del narratore, senza limiti.

Originariamente pubblicato in 12 volumi tra il 1986 e il 1987, Watchmen è in definitiva una rilettura ironica e politicamente impegnata dell’icona del supereroe mascherato e della sua interazione con la Storia. La scrittura complessa e stilisticamente ineccepibile di Moore, unita alle capacità visive di Gibbons e ai colori pop di John Higgins, ha dato alla luce un capolavoro artistico senza tempo, i cui spunti di riflessione – estetici, politici, etici – attingono a una fonte inesauribile e sgorgano da ogni vignetta, pronti a mescolarsi tra loro in un vortice di flussi narrativi, personaggi sfaccettati e trame avvincenti che eleva il fumetto nell’olimpo della letteratura.

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