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Luca Minola

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Questa rubrica è uno specchio attraverso cui riflettere sulla produzione e sui temi che più incuriosiscono la penna e la mente dei connettivisti. Un luogo dove presentarsi continuamente e osservarsi evolvere, negli stilemi, nei contenuti e nella sensibilità.
Next-Station, in tutte le sue parti, è un vetro, una superficie trasparente che può essere attraversata dallo sguardo in due direzioni, verso l’interno e verso l’esterno. Ecco che allora se questa rivista è da un lato l’occasione per dar mostra di sé e nel farlo riflettere su di sé (darsi, farsi oggetto e osservarsi come oggetto), dall’altro lato è anche un luogo di incontro e scambio dialogico. Uno spazio limitrofo e di confine in cui assistere a fenomeni osmotici e a reazioni chimico/letterarie inaspettate. Un porto sul mare della letteratura sommersa italiana, o, se preferite, una stazione orbitante commerciale in una galassia popolata da razze misteriose e esseri vistosamente alieni.
L’autore che in questo numero vogliamo presentare è un giovane poeta, Luca Minola, e che impatta la galassia dei connettivisti grazie alla condivisa amicizia con il poeta italiano Carlo Bordini, appassionato lettore e commentatore della nostra poesia.
Minola ha una penna leggera, molto evocativa, ricca di sentimenti e di emozioni, come una musica nell'aria, una sonata che si diffonde in un pomeriggio di primavera, il profumo della primavera.
A parere di chi scrive ci sono ancora un paio di versi che potrebbero essere resi con una sonorità meno "ingenua" ma senza dubbio la materia pittorica e poetica è potente e stimolante. Pur mantenendo una sua personalissima cifra stilistica Luca Minola ricorda un po' la Szymborska con quel suo dolce procedere.
Un poeta giovane, Minola, ma che dimostra di aver appreso appieno la lezione non scritta che racconta qual è la strada possibile per la poesia italiana contemporanea, la via tracciata così bene dalla penna di Carlo Bordini. Un cammino che va verso un’apparente leggerezza evocativa del tratto e un denso nodo di significati, palesi e ulteriori.
Ma lasciamo che la penna di Minola dica di sé più di ogni nostro commento.
Alex Logos Tonelli


***

Giorni non ancora qui,
orecchie fatte per sentire
la voce della voce nelle parole.


***

Dopo c’è la stanza dei ricami,
la toppa del maglione
da ricucire,

lacci, cotone, il viso mostrato
le ossa al tempo

(la frammentazione nella lana).


***

Il silenzio dei grigi
da ascoltare.

La sera e gli strappi dei colori.

Liscia la mano
lisce le dita che muovono
i pastelli.

La punta che vedi,
sei cielo a secondi.


***
( con gli occhi)

Fuori dagli occhi, si può
senza traduzione estrema, voce filtrata,
riga di contatto. Di certo attraversata
per il calcolo
dalle batterie degli sguardi
il guardare non torna: l’accumularsi dei riflessi,
i detriti di fondo.

Si scende lentamente.
“È un cielo tramutato in iridi”,
corpo a corpo l’immagine.

Si suda nei vestiti ( il guardare)
la linea della linea, la frontiera possibile.
Senza tocco un oggetto
è un barbaro presentimento, e c’è,
si può la facilità degli aghi, l’ assenza
delle cose in preda a spazio.

(Non c’è accumulo fuori
guarda più fuori,
più forte si può).


***

La città era tutta
stesa nei panni
quando scrissero: cielo
andammo incontro
alla schiena dei monti,
era impossibile
rendere cielo il cielo.


***

I raggi ti puntano il costato,
la linea diretta dell’affronto.

Sempre più su
nella spina, nell’alto
fino a baciare.

Letture di sé
direttamente nella luce.

Pelle della lingua, saliva

( luminosità d’interni).


***

Scheletri dei corpi.

Il ribollire dell’autunno
negli abiti il cotone freddo.

Mani di garze, foglie
di garze: i castagni.


***

Dei propri polmoni fumare
la cenere residua,
inalati i gesti.

Secondi da buttare
gli orologi fissano tempi nuovi.

Ti crescerà nella testa
la luna e vissuta e nel profondo
e mangiata avrai la lingua.


***

Parola cortese si dice il buio
con le spalle a punte
di stelle illuminate.

Il tavolo della cucina:
misura umana.

Cicatrici dei punti, spazi
aperti nelle frasi,
il tempo offeso
lasciato con lo sguardo.


***

È dispersione, sfondamento di reti,
nostalgia avanzata fra le condizioni:

stampo di immagine protetta.

Se irradia è solo luce, sistema di luce.

Si separa, rotola nel flusso
in veloci soluzioni,

fuori dai complessi strumenti.


***

Se umida e fragile
basta l’attimo, toccare un cavo e il seme scende

portato dalla luce.

Per fonte stava pelle e pelle
nella sua piccola quotidiana signoria

nella quantità.


Luca Minola è nato a Bergamo nel 1985, dove tuttora vive. È iscritto alla facoltà di Scienze Umanistiche ad indirizzo letterario nella stessa città. Ha pubblicato alcune sue poesie sulle riviste Poeti e Poesia e Le Voci Della Luna. Altri suoi lavori sono apparsi su riviste online quali Absolute Poetry, La Recherche, Poetarum Silva e La Dimora del Tempo Sospeso.

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